Amministratori

Accesso ai dati reddituali «rimandato» all'Adunanza plenaria

di Amedeo Di Filippo

I documenti reddituali, patrimoniali e finanziari detenuti dall'Agenzia delle entrate sono accessibili indipendentemente dalle forme di acquisizione probatoria previste dal codice di procedura civile? La quarta sezione del Consiglio di Stato, con l'ordinanza n. 888/2020, ha rimesso la questione all'Adunanza plenaria.

Il caso
Nell'ambito di un giudizio davanti al Tribunale per i minorenni e al fine di dimostrare la situazione reddituale e patrimoniale dell'ex convivente, un uomo ha chiesto all'Agenzia delle entrate di accedere alla dichiarazione dei redditi, ai contratti di locazione, alle comunicazioni inviate all'Anagrafe tributaria. L'interessato ha avuto accesso alla sola certificazione reddituale ma si è visto opporre un diniego in relazione alle informazioni contenute nell'Archivio dei rapporti finanziari. Il Tar Campania ha in parte dichiarato inammissibile il ricorso e lo ha accolto quanto alla richiesta di accedere ai documenti di natura finanziaria. L'Agenzia delle entrate ha impugnato la sentenza; il Consiglio di Stato ne ha sospeso l'esecutività e a seguito della discussione del merito ha ritenuto di ricorrere all'Adunanza plenaria, chiamata a chiarire i rapporti tra la disciplina generale sull'accesso agli atti amministrativi (legge 241/1990) e le norme processuali civilistiche previste per acquisizione dei documenti al processo.

I temi della rimessione
I giudici di Palazzo Spada hanno rilevato una diversità di orientamenti che sta incidendo in senso negativo e disomogeneo sull'esercizio della funzione giurisdizionale da parte dei giudici di primo grado. Questo il tema: se il diritto di accesso stabilito dalla legge del 1990 sia esercitabile indipendentemente dalle forme di acquisizione probatoria previste dalle norme processuali civilistiche; ovvero se, all'opposto, la previsione da parte dell'ordinamento di determinati metodi di acquisizione, in funzione probatoria di documenti detenuti dalla Pa, escluda o precluda l'azionabilità del rimedio dell'accesso ai medesimi secondo la disciplina generale di cui alla legge 241/1990.
Nel primo caso, il diritto di accesso ex lege 241/1990 potrebbe essere esercitato prima e indipendentemente dal fatto che il giudice del procedimento autorizzi la produzione di determinati documenti. Nel secondo, il privato non potrebbe mai azionare il diritto di accesso, dovendosi sempre rimettere, per la tutela delle proprie situazioni giuridiche, all'esercizio dei poteri istruttori del giudice civile.

Le motivazioni
A favore della prima tesi militano ragioni sistematiche, essendo la disciplina sull'accesso «principio generale dell'attività amministrativa» a cui non può essere opposta la specialità che connota la disciplina processualistica. Tra le due discipline non sussisterebbe un rapporto di specialità, nel senso che la norma speciale derogherebbe a quella generale, escludendone l'applicazione, bensì di concorrenza e di complementarietà.
A favore della seconda c' è l'idea che il diritto di accesso è una situazione soggettiva caratterizzata per il fatto di offrire al titolare poteri di natura procedimentale che sono strumentali alla tutela di un interesse giuridicamente rilevante e all'azione che si intende porre in atto, che non si concretizza in un diritto autonomo rispetto all'azione, tale che non può consistere nel mero diritto all'informazione né confondersi con l'accesso civico.

L'orientamento della sezione
La quarta sezione si appella all'Adunanza plenaria ma sembra mostrare nell'ordinanza una predilezione per la seconda tesi. Ricorda infatti che l'applicazione della norma civilistica non arreca alcun vulnus alla tutela giurisdizionale, poiché lungi dall'escludere la possibilità di utilizzare documenti detenuti dalla Pa, prevede e disciplina tale possibilità. Al diritto del soggetto che intende avvalersi dei documenti amministrativi poi contrappone l'altrettanto riconosciuto e tutelato diritto di difesa dell'altra parte, evidenza per la quale le norme processual-civilistiche sottopongono alla valutazione del giudice l'esibizione di documenti ordinata al terzo, che verrebbero aggirate con norme che non riguardano il processo civile.
D'altra parte, si legge nell'ordinanza, se l'accesso ai documenti amministrativi è riconosciuto in funzione di una «situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso», appare evidente come l'esigenza di tutela risulti già ampiamente assicurata attraverso i mezzi tipici previsti nel processo. Inoltre, l'accesso agli atti amministrativi non costituisce «rilevante finalità di pubblico interesse», né è volto a «favorire la partecipazione» del privato all'attività dell'amministrazione, né ad assicurarne l'imparzialità e la trasparenza, come vuole la legge 241/1990, talché aggira gli strumenti processuali tipici e altera la parità processuale delle parti nel giudizio civile.

L'ordinanza del Consiglio di Stato n. 888/2020

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