Amministratori

Gualtieri: «Venerdì il primo miliardo ai Comuni»

Il bonus-bis da 600 euro, relativo ad aprile, «è stato pagato ieri», e gli inciampi della prima tornata saranno risolti «in questi giorni». Venerdì arriverà il primo dei tre miliardi messi a bilancio per i Comuni, e lo stesso accadrà per 150 dei 500 milioni alle Province. Mentre il governo «è al lavoro sui decreti attuativi» per far partire le diverse misure, dalle ricapitalizzazioni Cdp agli aiuti ai professionisti.

Proprio alla corsa all’attuazione il ministro dell’Economia Gualtieri dedica un pezzo importante della sua audizione informale sulla manovra anticrisi alle commissioni Bilancio di Camera e Senato. Perché l’esperienza del decreto marzo e di quello dedicato alla liquidità non è stata felicissima, e il Mef ha messo sotto pressione tutte le strutture per evitare repliche degli inghippi che hanno complicato la vita di chi si è rivolto per esempio all’Inps. Ma i primi uffici su cui si esercita il pressing sono quelli di Via XX Settembre, al centro di un’impresa non banale visto che per rendere operativa tutta la manovra di decreti ne servono 98.

Tra loro c’è appunto quello per gli aiuti ai professionisti, tema su cui non si spegne la polemica. Gualtieri spiega che l’esclusione dagli aiuti a fondo perduto colpisce solo «i redditi molto alti», perché per gli altri il meccanismo proporzionale alla perdita di fatturato non avrebbe potuto offrire più dei 2.200 euro in tre mesi portati dai bonus. Ma i commercialisti non ci stanno, sostengono che il 54% degli studi ha perso ad aprile più di un terzo del fatturato, il 35% ha perso più di 10mila euro e solo il 36% ha avuto i 600 euro.

Sulla strategia di fondo della manovra, in ogni caso, Gualtieri non intende flettere. Respinge secco le obiezioni sulla frammentazione delle risorse in una rete fittissima di interventi circoscritti («decreto laqualunque» secondo la definizione di Fdi), spiega che il «miracolo» di un intervento unico buono per tutti inon esiste in natura, e invita a guardare il decretone dentro «un percorso» che deve dare gambe alla «strategia per la ripresa». Con quali soldi? Qui la questione si fa più complessa. Perché la manovra ha esaurito i 55 miliardi di indebitamento autorizzati dal Parlamento, ma all’orizzonte c’è il cantiere degli aiuti europei. Che naturalmente poggiano prima di tutto sui progetti di Recovery Fund, insieme al Sure per le politiche del lavoro e agli interventi Bei.

Da lì potranno arrivare risorse utili per quei piani di rilancio settoriali che in manovra sono di fatto quasi assenti: Gualtieri cita «turismo e automotive» come esempi, ma l’elenco dei candidati è lungo quasi quanto la tabella dei codici Ateco. E contempla anche i Comuni che si vedranno accreditare dopodomani una quota di aiuti proporzionale alle loro entrate 2019, ma lamentano un rischio dissesto praticamente generalizzato senza nuovi interventi.

Ma il pacchetto europeo comprende anche il Mes, che continua a dividere la maggioranza (e l’opposizione). Sul punto Gualtieri coglie l’occasione dell’ormai tradizionale botta e risposta con il presidente della commissione bilancio della Camera Claudio Borghi. Al leghista, che cita gli 1,7 miliardi di «fabbisogno aggiuntivo» sanitario indicato dal decreto come confine per i finanziamenti del Salva-Stati, Gualtieri ribatte che i «costi sanitari diretti e indiretti» oggetto del nuovo accordo sul Mes offrono un panorama decisamente più vasto, e che l’ormai famoso 2% del Pil (36-37 miliardi in riferimento al 2019) finanziabili con il Fondo non sono un tetto ma un «benchmark», che quindi potrebbe anche essere superato.

Un punto, quello dell’utilità di un prestito allo 0,1% per un Paese che si finanzia a tassi una quindicina di volte più elevati, su cui Gualtieri dovrà faticare ancora per convincere i tanti scettici nella maggioranza (non solo nel Movimento Cinque Stelle), che puntano ad annegare la questione nel bacino più complessivo dei fondi comunitari per rendere più digeribile un eventuale cambio di rotta.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©