Amministratori

Decreto investimenti, su abuso d'ufficio e Corte conti responsabilità più «circoscritte»

C’è la «paura della firma» dei funzionari pubblici da superare, ma c’è anche una quadra politica ancora tutta da trovare dietro all’annuncio di interventi sull’abuso d’ufficio e sulla responsabilità erariale lanciato ieri dal premier Conte.

Il tema è al centro dei lavori intorno al prossimo decreto chiamato nelle intenzioni del governo a semplificare le procedure e accorciare la strada che porta dalle intenzioni ai cantieri per le opere pubbliche. Almeno per quelle che potranno ottenere l’etichetta di «strategiche», di interesse nazionale e locale, e che secondo i piani di parte del governo potrebbero essere affidate a commissari. Ma il terreno resta parecchio scivoloso, come sempre quando ci si addentra sui temi dell’anticorruzione su cui sventolano le bandiere M5S.

In ogni caso sul “rischio Corte conti” il quadro (anticipato sul Quotidiano degli enti locali e della Pa di lunedì scorso) sembra un po’ più definito. L’idea è quella di una sospensione temporanea della responsabilità amministrativo contabile per «colpa grave»: tradotto, significa che la Corte dei conti potrebbe imputare ad amministratori e funzionari solo il «dolo», cioè un elemento soggettivo decisamente più circoscritto e complicato da dimostrare. In questo modo, si sostiene a Palazzo Chigi, si toglierebbe dall’orizzonte dei funzionari la paura di essere chiamati personalmente a rispondere di decisioni amministrative oggi sottoposte alla minaccia più “indistinta” della contestazione per «colpa». Ovvio che alla Corte dei conti non la pensano esattamente così, e che il confronto non si annuncia semplicissimo.

La stessa esigenza di chiarire meglio i confini delle responsabilità muove le attenzioni intorno all’abuso d’ufficio. Conte, nella lettera inviata ieri al Corriere della Sera, parla infatti di «circoscrivere più puntualmente» il reato, che in effetti negli anni si è mosso come una fisarmonica in linea con l’altalena fra «controllo» e «semplificazione» che ha scandito la politica da Tangentopoli in poi. In discussione non c’è quindi l’abolizione dell’abuso d’ufficio, in un bis di una delle tante polemiche che nel 2019 hanno agitato l’allora maggioranza gialloverde, ma una sua definizione «più puntuale».

In che modo? I termini in realtà sono ancora tutti da scrivere, perché l’accelerazione negli annunci delle riforme è servita soprattutto a mostrare carte sul tavolo europeo del «Recovery Fund». Ma ora si tratta di tradurla in pratica senza complicare ulteriormente la convivenza nella maggioranza, e a volte nello stesso ministero a partire dalle Infrastrutture.

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