Appalti

La scadenza festiva per presentare l’offerta di gara non slitta al giorno feriale successivo

di Susy Simonetti e Stefania Sorrentino

Non è applicabile alla domanda di partecipazione a una gara pubblica il principio generale, di natura civilistica, di slittamento al primo giorno feriale successivo del termine scadente in un giorno festivo.
Così ha chiarito il Consiglio di Stato, sezione VI, con la sentenza n. 170/2017, confermando la decisione del giudice di primo grado che ha ritenuto legittima l'esclusione, da parte della stazione appaltante, di un'offerta pervenuta con un giorno di ritardo rispetto alla scadenza, risultando ininfluente che il giorno scada di domenica.
Il ricorrente impugnava la sentenza sostenendo la violazione dell'articolo 2963, comma 3 del codice civile, relativo al computo dei termini di prescrizione, che sancisce il principio della posticipazione ipso iure al primo giorno seguente feriale del termine che scada in giorno festivo.

Un termine ineludibile
Il termine di presentazione delle offerte nelle pubbliche gare è uno degli elementi essenziali da specificarsi nella lex specialis a pena di decadenza, per ragioni di funzionalità e certezza del diritto, tanto da doversi considerare inderogabile per sua stessa natura.
Per tutti i concorrenti il rispetto del termine non può essere disatteso senza che sia violato il principio fondamentale della par condicio e della trasparenza dell'azione amministrativa, che presiedono all'operato della stazione appaltante.
Ritengono, infatti, i giudici di Palazzo Spada che la precisazione, da parte della lex specialis, del luogo e dell'ora limite per la ricezione dei plichi contenenti l'offerta è elemento incontestato, e non lascia alla stazione appaltante alcun margine di scelta per la non ammissione delle imprese non rispettose del termine.
Ogni qualvolta l'Amministrazione, in una pubblica gara, si sia autolimitata, ponendo condizioni procedurali in ordine agli adempimenti della fase di presentazione delle offerte è tenuta poi a rispettare siffatte prescrizioni rigorosamente, senza che abbia discrezionalità nella loro interpretazione, pena l'illegittimità del suo operato.
Il rispetto del principio della par condicio dei concorrenti che hanno ottemperato con tempestività, trasmettendo nei termini le proprie offerte, non può essere superato dall'opposto principio del favor partecipationis, perché in tal modo si violerebbe l'interesse pubblico al corretto svolgimento della gara.

Un precedente di segno contrario
Di diverso avviso il Consiglio di Stato, sezione V, con la sentenza n. 1214/2003 che ha regolato una fattispecie analoga, sostenendo, ai fini dell'individuazione del termine per la ricezione delle offerte nelle pubbliche gare, l'applicazione delle norme dettate in materia di processo civile. Nel caso di specie, i giudici ritengono trattarsi di ipotesi diversa rispetto al precedente orientamento, in quanto «non si ravvisa analoga incertezza nel tenore del bando, in ordine sia alle modalità di inoltro delle offerte sia alla tempistica» tale da giustificare la soluzione favorevole alla massima partecipazione.
La pluralità dei mezzi di trasmissione delle offerte contemplati dalla lex specialis di gara (raccomandata, posta celere, agenzia di recapito o corriere autorizzati) impedisce di rinvenire quelle cause di forza maggiore o di aggravamento ingiustificato della procedura selettiva che renderebbero legittima la posticipazione del termine di scadenza ovvero scusabile il ritardo.
A parere di chi scrive, va operata una netta distinzione tra termini processuali e termini sostanziali, fissati tassativamente dalla legge speciale di gara: questi ultimi, se espressi in modo chiaro, risultano perentori e non derogabili nel rispetto degli interessi pubblici che ne sono alla base.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 170/2017

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