Appalti

Il Consiglio di Stato si difende: chiesta solo la «riformulazione»

Non c’è l’intervento del Consiglio di Stato nella cancellazione di parte dell’articolo 211 del codice degli appalti, laddove attribuisce all’Anac il potere di agire immediatamente nel caso riscontri irregolarità nelle procedure di gara. L’estraneità è stata ribadita con una nota diffusa ieri dallo stesso Consiglio di Stato, nella quale si ricordano i pareri che la sezione atti normativi ha fornito sul codice degli appalti e sui provvedimenti attuativi.

La norma
L’intera questione ruota su quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 211: la norma (ora cancellata) stabilisce che l’Anac, nel caso riscontri vizi di legittimità in una gara, si muova per raccomandare alla stazione appaltante di agire, entro 60 giorni, in autotutela e perché rimuova gli effetti degli atti illegittimi. Se l’amministrazione non si adegua alle raccomandazioni vincolanti dell’Autorità, viene punita con una sanzione, a carico del dirigente responsabile, da 250 a 25mila euro.

Il parere del Consiglio
Così com’era congegnata, la norma - che anche prima della cancellazione non è mai stata applicata - non era piaciuta al Consiglio di Stato. Nel parere di aprile 2016 sul codice degli appalti, i giudici di Palazzo Spada avevano riscontrato «significative criticità». Intanto, perché si «introduce un potere di sospensione immediata e uno di annullamento mascherato che esorbitano dai meccanismi collaborativi ammessi dalla Consulta» con la sentenza 20/2013. Eppoi, perché «la sanzione colpisce il rifiuto di autotutela, ossia un provvedimento amministrativo di cui è da presumere la legittimità fino a prova contraria. Si crea in questo modo una responsabilità da atto legittimo».
Il parere del Consiglio di Stato si era anche soffermato sul fatto che il potere di sollecito dell’autotutela riconosciuto all’Anac fosse generalizzato e applicabile a qualsiasi gara, mentre - si chiedevano i giudici, rimettendo la questione alla valutazione del Governo - forse si poteva circoscrivere agli appalti di particolare rilevanza. E ciò per ragioni organizzative della stessa Autorità, chiamata a un lavoro potenzialmente pesante.
Per questo il Consiglio di Stato aveva suggerito nel parere due ipotesi di riformulazione dell’articolo 211 in modo, si legge nella nota di ieri, da « renderlo coerente con la legge delega e con la Costituzione», salvaguardandone, però, l’efficacia. Dunque, nessuna richiesta al legislatore di far fuori la norma.
Intento ribadito nel secondo parere fornito a fine 2016. In questo caso era stata l’Anac a chiamare in causa Palazzo Spada, sottoponendo ai giudici amministrativi le linee guida messe a punto proprio per applicare nel modo più indolore possibile le previsioni dell’articolo 211. In quel caso, il parere di Palazzo Spada non era dovuto, ma l’Autorità l'aveva comunque chiesto in «un’ottica di collaborazione sul piano tecnico» ricordata ieri dalla nota. E anche in quella sede il Consiglio di Stato aveva proposto «misure per un più efficiente funzionamento del meccanismo delle “raccomandazioni vincolanti” e per un ulteriore rafforzamento del potere del potere dell’Anac mediante “autotutela sostitutiva”, volta a incidere direttamente sugli atti di gara».

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