Appalti

Distanza tra edifici, inderogabile il limite di dieci metri in caso di pareti finestrate

di Alberto Ceste

Il permesso alla sopraelevazione di un fabbricato preesistente confinante con un altro avente pareti finestrate non può derogare al limite generale di dieci metri di distanza che deve sempre essere rispettato tra due edifici. Tale distanza, infatti, è a garanzia dell'interesse pubblico ad un ordinato sviluppo dell'edilizia ed alla salute dei cittadini ed è perciò tassativa, a prescindere dalla distanza inferiore tra le due abitazioni già esistenti e dall'eventuale abusività di quella con le pareti finestrate.
Così il Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza n. 2086 dell'8 maggio 2017.

La distanza di dieci metri tra pareti finestrate e edifici antistanti
L'articolo 9 comma 1 n. 2 del decreto del ministero dei Lavori pubblici n. 1444 del 2 aprile 1968 prescrive che le distanze minime tra le pareti finestrate di un edificio e quelle di edifici antistanti deve sempre essere come minimo di dieci metri.
La giurisprudenza di legittimità lo ha affermato costantemente, stabilendo che:
• nessuna rilevanza possono avere eventuali previsioni difformi dei regolamenti locali, posto che la disciplina dettata dalla disposizione in esame è inderogabile ed auto applicativa (Tribunale amministrativo regionale per la Toscana – Firenze, sezione III, sentenza n. 558 del 12 aprile 2017);
• la distanza minima assoluta dev'essere rispettata anche in caso di interventi riconducibili alla categoria della ristrutturazione edilizia, a meno che tali interventi si sostanzino in un mero recupero di beni realizzati prima dell'entrata in vigore della norma (Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia – Milano, sezione II, sentenza n. 646 del 14 marzo 2017).

Il caso
La proprietaria di un'abitazione dotata di pareti finestrate, distante un metro e mezzo dal confine della proprietà limitrofa e con veduta sulla stessa, ha appellato la sentenza di primo grado che aveva ritenuto non accoglibili le doglianze sull'illegittimità del permesso di costruire che era stato rilasciato dal Comune per la realizzazione, in aderenza al confine tra le due proprietà, di una sopraelevazione al primo e al secondo piano sulla preesistente casa di abitazione dei vicini. In particolare, il Tar aveva ritenuto che l'abitazione della ricorrente non potesse impedire la sopraelevazione in ragione dell'originaria prevenzione della costruzione dei vicini sul confine alla sopraelevazione.

La sentenza
Il Consiglio di Stato ha ritenuto fondato l'appello, affermando anzitutto che l'articolo 9 comma 1 n. 2 del decreto ministeriale n. 1444 del 2 aprile 1968 è certamente applicabile alla sopraelevazione in esame.
Ha ritenuto inoltre che la disposizione in esame si impone inderogabilmente rispetto alle contrastanti disposizioni contenute negli strumenti urbanistici ad essa successive, in ragione della finalità della norma di garantire sia l'interesse pubblico ad un ordinato sviluppo dell'edilizia, sia quello alla salute dei cittadini, “evitando il prodursi di intercapedini malsane e lesive della salute degli abitanti degli immobili”.
Secondo il Collegio, infatti, la distanza di dieci metri oggetto del contendere è coerente con il perseguimento dell'interesse pubblico sopra evidenziato “e non già con la tutela del diritto dominicale dei proprietari degli immobili finitimi alla nuova costruzione”. Questa tutela è già assicurata dalle diverse norme civilistiche in tema di distanze contenute negli articoli 873 e 907 del codice civile, irrilevanti nel giudizio amministrativo.
Non solo. Poiché ricorre l'ipotesi di due pareti di edifici, delle quali almeno una finestrata da cui si può vedere direttamente la proprietà dei controinteressati, dev'essere accolta la prospettazione dell'appellante relativa alla tassatività della norma del decreto ministeriale ed alla sua operatività al momento del rilascio del titolo edilizio, con riferimento alla situazione concreta. Pertanto, a nulla rilevano né la distanza delle abitazioni già esistenti, né la loro eventuale abusività, né altre disposizioni contrarie contenute negli strumenti urbanistici.

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