Appalti

Appalti, la Cassazione stringe sul diritto al risarcimento per inadempimento imputabile alla Pa

La messa in liquidazione volontaria della società che si è aggiudicata un appalto fa scattare il termine di 5 anni per chiedere i danni da inadempimento. Ininfluente invece, sul calcolo prescrizionale, il momento della perdita dei requisiti tecnici minimi per la partecipazione alle gare pubbliche.
La Terza civile della Cassazione - sentenza n. 13510/17, depositata ieri - ha risolto definitivamente il contenzioso tra la società che nel 1998 aveva vinto l’appalto Ced (Centro elaborazione/ banca dati delle forze di polizia e Prefetture) e il ministero dell’Interno.

La vicenda
Icla spa, vincitrice della gara, contestava alla Pa appaltante di aver tollerato il comportamento negligente in particolare di due prefetture - Napoli e Frosinone - che, non aggiornando gli archivi informatici nè implementando i sistemi, come più volte sollecitata a fare, aveva dato luogo a numerosi errori (soprattutto sulle informative antimafia) fino a provocare un danno irreversibile alla società appaltante. Società che, entrata pesantemente in crisi già nei bilanci 1999 e 2000, l’anno successivo aveva deciso la liquidazione volontaria - con la riserva di revocarla appena tornata in bonis la situazione - fino a uscire definitivamente dal mercato per perdita dei requisiti minimi di partecipazione (marzo 2003). La prima citazione per danni era stata depositata proprio al limite dei cinque anni prescrizionali, calcolati appunto dall’uscita dal mercato (2008) e la causa, dopo un regolamento di giurisdizione, era finita al tribunale di Roma. In primo grado il giudice ordinario aveva riconosciuto il danno (150 milioni, rispetto al miliardo calcolato dalla Ctu), mentre l’appello aveva accolto l’eccezione «dirimente» sul decorso della prescrizione.

La decisione
Secondo questo punto di vista - che la Terza civile ha avallato con una articolatissima motivazione - la messa in liquidazione volontaria, avvenuta nel 2001, è il momento a cui agganciare il calcolo temporale per la prescrizione, spirata quindi nel 2006 due anni prima del deposito della citazione. La decisione della proprietà di iniziare la liquidazione, scrive la Terza, dimostra la piena consapevolezza del danno provocato dall’inerzia della Pa e quindi di «poter esercitare il diritto risarcitorio». Del resto, prosegue la Corte, la stessa spa si era posta volontariamente in una situazione di limitata capacità di agire - compresa la partecipazione a nuove gare - ben prima di scendere sotto i requisiti tecnici di legge per ottenere commesse pubbliche. E dal giorno della messa in liquidazione volontaria, inoltre, si sarebbero dovuti calcolare i danni anche futuri «derivanti dalla perdita della possibilità di partecipazione a quel mercato».

La sentenza dela Corte di cassazione n. 13510/2017

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