Appalti

Appalti: i ricorsi contro la revisione dei prezzi vanno proposti al giudice ordinario

di Ilenia Filippetti

Quando si controverte sulla misura della revisione dei prezzi - e non sul diritto alla revisione - la controversia deve essere proposta avanti al giudice ordinario. È questo il principio affermato dal Tar Lazio, Roma, con la sentenza 7359/2017.

Il caso
Nel 1982 la soppressa Cassa per il mezzogiorno aggiudicava ad un’impresa i lavori relativi alla costruzione dell’acquedotto della Campania Occidentale. I lavori venivano regolarmente ultimati nel 1985 e, l’anno successivo, la stazione appaltante adottava un provvedimento con il quale riconosceva il diritto alla revisione dei prezzi per i lavori effettivamente eseguiti e ne definiva l’importo complessivo da riconoscere all’appaltatore.
All’esito di un’articolata vicenda amministrativa, l’impresa appaltatrice proponeva ricorso al Tar Lazio lamentando l’illegittima applicazione, ai fini della quantificazione dei prezzi, di parametri che non potevano essere conosciuti al momento della partecipazione alla gara, essendo stati pubblicati solo dopo la scadenza del termine per la presentazione dell’offerta.
Con la pronuncia in rassegna, tuttavia, il Tribunale amministrativo dichiara il proprio difetto giurisdizione a vantaggio del Giudice ordinario.

La decisione
Nella pronuncia in esame il Tar Lazio parte dalla considerazione che, in base alla più recente evoluzione giurisprudenziale in tema di compenso revisionale per aumento del costo complessivo dell’opera pubblica, occorre distinguere a seconda che l’istanza del privato riguardi la concessione stessa della revisione - rimessa ad una valutazione tecnico discrezionale della Pa, a fronte della quale il privato vanta un interesse legittimo - oppure a seconda che la predetta istanza riguardi una fase successiva alla scelta di accordare effettivamente la revisione dei prezzi: in quest’ultimo caso, infatti, si è di fronte ad un vero e proprio diritto soggettivo alla percezione del corrispettivo, azionabile avanti al Giudice ordinario.
Come affermato dalle Sezioni unite civili della Corte di cassazione con la pronuncia n. 11312 del 1995, la posizione giuridica dell’appaltatore assume la natura di un diritto soggettivo ogni volta in cui il committente abbia riconosciuto il diritto alla revisione dei prezzi, così come in effetti era avvenuto nella fattispecie esaminata nella sentenza in rassegna. Al riguardo – prosegue il Tar Lazio – un chiarimento di fondamentale importanza era stato a suo tempo fornito dalle Sezioni unite della Corte di cassazione anche con la sentenza n. 454 del 2000, nella quale era stato evidenziato che la disciplina del rapporto tra ricorso giurisdizionale al Tribunale amministrativo ed il ricorso amministrativo alla Commissione ministeriale per la revisione dei prezzi presuppone già risolta, a monte, la questione dell’esistenza di un interesse legittimo o di un diritto soggettivo. Oltre a ciò, l’articolo 17 della legge n. 741 del 1981 (applicabile, ratione temporis, alla fattispecie in esame) era una disposizione che disciplinava i rapporti tra lo speciale procedimento amministrativo da proporre avanti alla Commissione ministeriale ed il ricorso alla giustizia amministrativa, ma non riconduceva sempre e comunque alla giurisdizione esclusiva del Ga tutte le controversie in materia di revisione dei prezzi, trattandosi di materia nella quale continua ad operare il generale criterio di ripartizione basato sulla distinzione tra diritto soggettivo ed interesse legittimo.
Si tratta, peraltro, di principi più volte ribaditi da un’ormai consolidata giurisprudenza amministrativa nonché dalla giurisprudenza della Suprema corte di Cassazione (vengono citate, in particolare, le pronunce rese dalle Sezioni unite, con ordinanza n. 1776 del 2013 e con sentenza n. 1710 del 2013 nonché con sentenza n. 150 del 2013).

Conclusioni
Nella fattispecie sottoposta al Tar Lazio - nella quale vi era stato il riconoscimento espresso, da parte della stazione appaltante, del diritto al compenso revisionale - si controverteva unicamente sulla misura della revisione dei prezzi (ovverosia sul quantum) e non sul diritto stesso alla revisione (sull’an debeatur), con la conseguenza che la controversia in esame avrebbe dovuto essere radicata avanti al Giudice ordinario e non di fronte al Tribunale amministrativo.
Non a caso - conclude il Tar - la stessa ricorrente, mostrando anch’essa di ritenere quantomeno dubbia la giurisdizione del Ga nel caso di specie, aveva promosso a suo tempo anche un’identica causa innanzi al Tribunale civile di Napoli, definita in primo grado con sentenza n. 14014 del 2013 e sulla quale è ancor oggi pendente il giudizio di appello.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©