Appalti

Legittima la revoca della aggiudicazione dell’appalto per indagini penali in corso

di Adriano Peloso

Con la pronuncia n. 3506 del 27 giugno scorso, la Sezione VIII del Tar Campania, sede di Napoli, ha affrontato la questione della legittimità del provvedimento in autotutela con il quale un’Amministrazione, prima della stipula del contratto di appalto, ha revocato l’aggiudicazione definitiva di una gara sulla base della comprovata esistenza di indagini penali - in corso - per gravi reati commessi in danno della Pa.

L’approfondimento
Il Tribunale amministrativo ha fornito una disamina completa dei requisiti di legittimità di un provvedimento di revoca della aggiudicazione definitiva di un gara di appalto, con particolare riguardo alla sussistenza di una adeguata motivazione concernente la salvaguardia dell’interesse pubblico relativo all’affidamento.
Il punto di partenza delle pronuncia in esame è costituito dall’orientamento giurisprudenziale che ha evidenziato la necessità di distinguere tra l’ipotesi di revoca del procedimento nella fase anteriore all’aggiudicazione definitiva, nella quale non è richiesto un particolare onere motivazionale, dalla diversa fattispecie della revoca del procedimento dopo l’aggiudicazione definitiva e prima della stipula del contratto, per la quale è chiesto un particolare e più aggravato onere motivazionale.

Il caso
La controversia è relativa alla delibera con la quale un Comune, prima della stipula del contratto di appalto, ha revocato in autotutela l’aggiudicazione definitiva di una gara di appalto di servizi (servizio di raccolta differenziata, trasporto e conferimento rifiuti e nettezza urbana sul territorio comunale), con motivazione fondata sulla comprovata esistenza – appresa da notizie giornalistiche – di indagini penali in corso, per gravi reati commessi in danno della Pa, in tema di appalti per la gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti sull’operato dei vertici della ditta risultata vittoriosa, in collegamento con quello di dipendenti e amministratori della Pa appaltante.
Il suddetto provvedimento di secondo grado è stato impugnato, da parte della società originariamente aggiudicataria, per l’annullamento dinanzi al Tar competente sulla base della ritenuta violazione dei principi generali dell’agire amministrativo e di formazione del provvedimento di revoca.

La pronuncia
Il Giudice amministrativo ha svolto una preliminare disamina delle eccezioni preliminari in materia di giurisdizione del Giudice amministrativo e di carenza di interesse della società ricorrente. Il Tar è giunto poi all’analisi del merito della controversia riguardante la legittimità del provvedimento di revoca.
La Corte ha sviluppato il suo ragionamento guardando, in prima analisi, al grado di conoscenza – da parte della ricorrente – delle ragioni dell’avvio del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione definitiva. Le stesse motivazioni attengono all’esistenza di indagini penali (anche comportanti applicazione di misure cautelari personali) sull’operato di soggetti costituenti i vertici della società ricorrente, in collegamento con quello di dipendenti e amministratori del Amministrazione aggiudicante. La stessa società, commenta il Tar adito, ha effettivamente partecipato alla procedura ad evidenza pubblica, presentando osservazioni scritte, dal cui tenore è emersa la perfetta conoscenza di quale fosse l’indagine penale in questione.
La ricostruzione del Tribunale è poi proseguita con il richiamo al generale orientamento giurisprudenziale secondo cui, anche dopo l’intervento dell’aggiudicazione definitiva, non è precluso all’Amministrazione appaltante di revocare l’aggiudicazione stessa, in presenza di un interesse pubblico individuato in concreto, del quale occorre dare atto nella motivazione del provvedimento di autotutela, alla stregua dei principi generali dell’ordinamento giuridico, così come espressamente codificati nell’articolo 21 quinquies della legge n. 241/1990. L’esercizio di tale potere è rimesso alla valutazione ampiamente discrezionale della stazione appaltante e può ben riguardare - come nel caso di specie - il venire meno del rapporto fiduciario tra Amministrazione e impresa aggiudicataria, in conseguenza di gravi fatti di rilevanza penale conosciuti dalla stazione appaltante solo in data successiva all’aggiudicazione.
Il Tar è passato, quindi, a rilevare la gravità dei delitti contestati (associazione a delinquere, corruzione, turbata libertà degli incanti); siffatte contestazioni hanno assunto maggiore rilevanza, alla luce dell’avvenuto loro accertamento in procedure di gara di carattere del tutto analogo a quella oggetto della controversia.
Sulla scorta di questi rilievi, il giudice di prime cure non ha rilevato i sollevati profili di illogicità e irragionevolezza dell’azione amministrativa del Comune, non essendo seriamente contestabile che il rapporto fiduciario tra la stazione appaltante e l’impresa aggiudicataria della gara sia stato gravemente compromesso dalla menzionata indagine penale.
A nulla rileva - ha spiegato il Collegio - che i reati non siano stati definitivamente accertati in sede giudiziaria, in quanto l’esercizio dei poteri di autotutela della stazione appaltante non presuppone il definitivo accertamento giudiziale dei presupposti di fatto valutati dall’amministrazione, essendo sufficiente la valutazione in concreto operata dalla stessa amministrazione sui fatti imputabili all’impresa.
Parimenti, il Tribunale ha confermato la necessità di verificare che l’acclarato potere discrezionale di autotutela (non ancorato ad ipotesi tassative) non trascenda nel mero arbitrio. In tal senso, la Stazione Appaltante deve fornire - nel provvedimento di revoca - una motivazione specifica relativa alla perdita della fiducia nella moralità o nelle capacità organizzative dell’impresa in relazione alla singola gara oppure in relazione al suo complessivo operato nell’ambito della partecipazione alle gare pubbliche.
Tale verifica ha dato esito positivo nel caso in commento, in quanto il Comune risulta aver adeguatamente valutato in concreto la situazione verificatasi, ponendo una idonea motivazione alla base della scelta di revocare l’aggiudicazione alla società indagata, sull’assunto – espressione di discrezionalità amministrativa – dell’essere venuta meno nell’occasione la necessaria fiducia nell’impresa (essendo stati vulnerati decisivi aspetti della sua moralità), in relazione a quella specifica gara.

Conclusioni
Il Tar ha considerato il provvedimento di revoca munito di adeguata motivazione, e quindi pienamente giustificato, nonché coerente con l’esplicitato intento di salvaguardare l’interesse pubblico a che l’attribuzione dell’appalto del servizio in parola avvenga in favore di soggetto pienamente affidabile. Nel caso specifico, la motivazione si fonda sulla comprovata - e non contestata - esistenza di indagini penali a carico della ricorrente e sulla gravità dei reati contestati alla società aggiudicatrice.
Non può parlarsi di revoca dell’aggiudicazione definitiva per effetto di un ripensamento dell’amministrazione, bensì quale conseguenza di fatti imputabili alla aggiudicataria ed emersi successivamente all’aggiudicazione.

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