Appalti

Non è atto invasivo rimuovere la struttura stagionale dal sito naturalistico

di Massimiliano Atelli

Fra l’esigenza esclusiva di contenere le spese per la rimozione e il rimontaggio di una struttura amovibile (e rispetto alla quale l’originario titolo abilitativo abbia espressamente imposto la rimozione alla scadenza) e l’interesse pubblico alla salvaguardia del carattere naturalistico dell’area, è ragionevole che la Soprintendenza consideri prevalente il secondo. È quanto ribadisce la VI Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza del 28 luglio 2017, n. 3800.

L’approfondimento
Già in sede di rilascio della autorizzazione paesaggistica «stagionale», infatti, la Soprintendenza può valutare se e in che limiti le esigenze riguardanti la balneazione e il turismo possano dar luogo ad una valutazione positiva sulla realizzazione di una struttura precaria, tale da non incidere stabilmente sullo stato dei luoghi e tale da consentire la libera fruizione dell’area nel periodo residuo, ripristinata nei suoi aspetti naturalistici.
Del resto, l’istanza volta ad ottenere l’autorizzazione stagionale presuppone evidentemente, di per sé, la valutazione del richiedente sulla conformità ai propri interessi di un atto che, accogliendola, imponga la rimozione periodica delle strutture.
Quando si tratti di una istanza volta ad ottenere una autorizzazione efficace per l’intero anno solare (ovvero il mantenimento in loco di una struttura autorizzata solo per la stagione estiva, allo scopo di continuare a svolgere l’attività economica anche al di fuori della stagione estiva), la Soprintendenza può effettuare analoghe valutazioni, anche considerando che con la rimozione delle strutture (e la mancata frequentazione del luoghi, stimolata dallo svolgimento di attività economiche), può essere agevolata la «rigenerazione dei fattori naturali», inevitabilmente incisi dalle frequentazioni avvenute nella stagione estiva e stimolate dalla presenza delle medesime strutture.

Argomenti, spunti e considerazioni
La decisione del Consiglio di Stato persuade.
Per vero anche nella parte in cui prende le distanze dall'affermazione del Giudice di prime cure secondo il quale sarebbero «invasive» le operazioni periodiche di montaggio e di smontaggio delle strutture precarie, obiettando che non si può affermare che sia «invasiva» la rimozione di strutture precarie e amovibili, perché se così fosse, sarebbe comunque a maggior ragione «invasiva» (e non autorizzabile) la realizzazione della struttura.
Le strutture precarie possono essere realizzate sul demanio solo se sono «appoggiate», nel senso che non deve esservi alcuna oggettiva modifica dello stato dei luoghi, poiché questi devono risultare esattamente gli stessi una volta che siano state rimosse le medesime strutture: l’aspetto naturalistico dell’area demaniale deve, perciò, essere totalmente identico a quello che preesisteva alla realizzazione della struttura precaria.
Come un tratto di scogliera, così il litorale sabbioso va mantenuto integro, quando si collochi - appoggiandola - una struttura destinata alla balneazione. 
Ne consegue, ad avviso dei Giudici di Palazzo Spada, che, poiché la rimozione delle opere precarie e la loro ricollocazione – con la successiva stagione estiva – non possono che avere un «carattere neutro» rispetto al preesistente stato dei luoghi, il doveroso ripristino dello stato dei luoghi non si può qualificare come «invasivo».

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