Appalti

Al permesso di costruire in aree non ancora urbanizzate serve il piano esecutivo

di Alessandro V. De Silva Vitolo

Secondo l'articolo 9 del Dpr n. 380 del 2001 (Testo unico in materia edilizia), costituisce regola generale e imperativa, in materia di governo del territorio, il rispetto delle previsioni del Piano regolatore generale che impongono, per una determinata zona, la pianificazione di dettaglio e che sono vincolanti e idonee ad inibire l’intervento diretto costruttivo; di tal che ove si tratti di asservire per la prima volta ad insediamenti edilizi aree non ancora urbanizzate – che obiettivamente richiedano, per il loro armonico raccordo col preesistente aggregato abitativo, la realizzazione o il potenziamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria volte a soddisfare le esigenze della collettività – si rende necessario un piano esecutivo quale presupposto per il rilascio del permesso di costruire. È quanto afferma il Tar Campania con la sentenza n. 4240 del 4 settembre 2017.

Il caso
La vicenda trae origine dal provvedimento di annullamento in autotutela di concessione edilizia rilasciata da un Comune campano. L’impugnato annullamento di ufficio ha avuto per oggetto il titolo abilitativo edilizio riguardante la realizzazione di due edifici per abitazioni civili. Specificatamente il provvedimento di annullamento è fondato, a tacer d’altro, sulla circostanza per la quale l’Amministrazione ha rilevato l’assenza di una definizione, in ossequio al Piano regolatore, di un piano urbanistico particolareggiato attuativo, quale condizione necessaria al rilascio del permesso di costruire.
Di là dall’analisi degli articolati motivi di ricorso, va osservato che nel caso di specie si è in presenza di un annullamento in autotutela ex articolo 21 nonies della legge n. 241 del 1990, fondato sull’illegittimità originaria del titolo abilitativo rilasciato in violazione del Prg all’epoca vigente, che, per la zona interessata richiedeva la previa adozione di un Piano di lottizzazione convenzionata.
L’assenza, in punto di fatto, del piano particolareggiato attuativo, ha spinto il Tar ad affermare la legittimità del provvedimento in autotutela poiché, si trattava di aree che richiedevano, per il loro armonico raccordo col preesistente aggregato abitativo, la realizzazione e il potenziamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria volte a soddisfare le esigenze della collettività, per le quali si rendeva imprescindibile un piano esecutivo quale presupposto per il rilascio del permesso di costruire.

La decisione
Come accennato poc’anzi, il Tar, nel rigettare il ricorso, ha ritenuto l’attività edilizia de quo palesemente illegittima, ammettendo come la concomitanza di una sana e specifica esigenza di ripristino della legalità non ha lasciato adito a dubbi sul rispetto delle condizioni basiche per l’adozione dell’atto autoannullativo.
In particolare, il Collegio, nel ritenere legittimo il provvedimento in autotutela, si è soffermato sulla questione centrale del giudizio che attiene all’ammissibilità di un intervento edilizio diretto in zona “C1” in mancanza di un piano particolareggiato – specificamente prescritto dalle Norme di attuazione del Prg – e la cui mancanza, nel ragionamento svolto dalla ricorrente, non potrebbe legittimare il diniego di concessione edilizia né, laddove quest’ultima si stata già rilasciata, giustificare il successivo annullamento in autotutela, allorquando, come si assume nel gravame, l’area in cui si operato l’intervento costruttivo sia dotata di adeguate opere di urbanizzazione primaria.
L’assenza, in punto di fatto, del piano particolareggiato attuativo, ha spinto il Tar ad affermare che a mente dell’articolo 9 del Dpr n. 380 del 2001, costituisce regola generale ed imperativa, in materia di governo del territorio, il rispetto delle previsioni del Prg che impongono, per una determinata zona, la pianificazione di dettaglio e che sono vincolanti e idonee ad inibire l’intervento diretto costruttivo. Siffatto principio comporta non solo che quando lo strumento urbanistico generale prevede che la sua attuazione debba aver luogo mediante un piano di livello inferiore, il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che lo strumento esecutivo sia divenuto perfetto ed efficace; ma anche che l’assenza del piano attuativo non può essere surrogata con l’imposizione di opere di urbanizzazione all’atto del rilascio del titolo edilizio.
I piani particolareggiati, infatti, hanno lo scopo di garantire che all’edificazione del territorio a fini residenziali corrisponda l’approvvigionamento delle dotazioni minime di infrastrutture pubbliche, le quali, a loro volta, garantiscono la normale qualità del vivere in un aggregato urbano. Diversamente opinando, col rilascio di singoli permessi di costruire in area non urbanizzata, gli interessati verrebbero legittimati ad utilizzare l’intera proprietà a fini privati, scaricando interamente sulla collettività i costi conseguenti alla realizzazione di infrastrutture per i nuovi insediamenti, così come per l’appunto rappresentato dall’Amministrazione locale nel provvedimento impugnato.

Conclusioni
L’arresto del Tar ha avuto, dunque, in pregio di rendere ancora una volta evidente che, ove si tratti di asservire per la prima volta ad insediamenti edilizi aree non ancora urbanizzate – che obiettivamente richiedano, per il loro armonico raccordo col preesistente aggregato abitativo, la realizzazione o il potenziamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria volte a soddisfare le esigenze della collettività – si rende necessario un piano esecutivo quale presupposto per il rilascio del permesso di costruire.
In tale fattispecie, deve essere quindi rigorosamente rispettata la cadenza, in ordine successivo, dell’approvazione del Piano regolatore generale e dello strumento urbanistico attuativo, in modo da garantire una pianificazione razionale e ordinata del futuro sviluppo del territorio dal punto di vista urbanistico. Il piano esecutivo, previsto dallo strumento urbanistico generale come presupposto dell’edificazione, non ammette, cioè, equipollenti, nel senso che, in sede amministrativa o giurisdizionale, non possono essere effettuate indagini volte a verificare se sia tecnicamente possibile realizzare costruzioni, che, ad avviso del legislatore, incidono negativamente sul razionale assetto del territorio, vanificando la funzione del piano attuativo, la cui approvazione può essere stimolata dall’interessato, con gli strumenti consentiti dal sistema.

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