Appalti

Nelle regole dell’edilizia una novità ogni tre settimane

La normativa edilizia cambia una volta ogni 23 giorni. O, se preferite, 16 volte all’anno. E non da ieri. Dalle regole sulla Scia al silenzio-assenso per il permesso di costruire, il lavorio di scrittura, riscrittura e cancellazione non si è mai fermato, e tutto lascia pensare che continuerà nei prossimi mesi . L’ultima novità risale a fine estate, con la legge sulla concorrenza intervenuta sugli aggiornamento catastatli a fine lavori. La più lontana ma già scritta nero su bianco arriverà nel 2021, quando tutti gli edifici dovranno essere costruiti a energia quasi zero.
Partendo dall’intesa Stato-Regioni del 1° aprile 2009, con cui l’allora premier Silvio Berlusconi lanciò i piani casa per gli ampliamenti di villette e palazzine, abbiamo censito tutte le modifiche alla normativa nazionale sull’edilizia. Anche escludendo le leggi regionali e le norme sugli appalti e l’urbanistica, i ritocchi sono ad oggi 133, di cui 77 – quasi il 60% – relativi al Testo unico dell’edilizia, quel Dpr 380 varato nel 2001 proprio per offrire un punto di riferimento agli operatori. E altri 13 alle regole sulla conferenza dei servizi contenute nella legge 241/1990 per accelerare il sì o il no ai progetti immobiliari. Si dirà che nell’epoca del digitale aggiornare una banca dati è più facile che editare la versione di un codice cartaceo, ma – al di là dell’adeguamento dei testi – la difficoltà per chi è chiamato ad applicare le norme è facilmente immaginabile.

Fonti rinnovabili (e non solo)

Il capitolo che ha raccolto più modifiche è quello dell’edilizia privata (78 su 133), in cui rientrano in senso lato tutte le regole da rispettare prima, durante e dopo l’avvio dei cantieri. Seguono a grande distanza i ritocchi alle norme tecniche sulle costruzioni e i prodotti per l’edilizia (12, incluse antisismica e cablatura degli immobili), alle fonti rinnovabili (12), ai beni culturali (10), all’efficienza energetica e agli impianti termici (10).

Una spinta ai cantieri

Dietro alle modifiche ci sono ragioni diverse, e non sempre coerenti. Quando fu lanciata l’operazione dei piani casi, l’obiettivo era facilitare le ristrutturazioni dei privati, così da aiutare il settore dell’edilizia – già colpito dalla crisi – e l’economia in generale. Nello stesso filone si inseriscono anche le proroghe dei permessi di costruire, la prima con il decreto del fare del 2013, (Dl 69/2013) servita anche a contrastare il fenomeno dei permessi rilasciati ma non ritirati per la crisi economica che bloccava i costruttori e la seconda (un anno dopo con lo Sblocca-Italia) che ha reso strutturale l’allungamento della validità.
Un altro pacchetto di interventi punta ad accelerare e semplificare l’avvio dei cantieri. Va in questa direzione, ad esempio, l’introduzione della Scia (con il Dl 78/2010), che bypassa i 30 giorni d’attesa imposti dalla vecchia Dia. E sulla stessa falsariga si muovono anche i tanti tentativi di “sburocratizzazione”: sportello unico, allargamento delle opere in attività edilizia libera, autorizzazione paesaggistica semplificata per lavori minori, maggiore utilizzo delle autocertificazioni (compresa la possibilità di autodichiarare l’agibilità, introdotta dal Dlgs 222/2016).
Il punto è che la girandola di correzioni si è tradotta in una sequela di cambiamenti procedurali che non hanno quasi mai intaccato i problemi di fondo: come far funzionare meglio gli uffici comunali, le soprintendenze e le altre autorità coinvolte, e come semplificare le norme edilizie sostanziali (spesso codificate nei piani comunali, più che nelle leggi statali).

Proroghe e norme Ue

Il permesso di costruire vincolato a una quota minima di energia rinnovabile, imposto dalledirettive europee, prenotato dal legislatore nel 2008 per il 2010, è stato rinviato per altre due volte, prima di riuscire a divenire realmente operativo. Sempre dall’Europa sono arrivati i vincoli costruttivi che hanno imposto via via edifici sempre più performanti dal punto di vista energetico.

Modelli unici

La continua modifica dei regimi autorizzativi per i lavori hanno costretto il legislatore a “sempplificare” la semplificazione: nel 2014 sono nati i moduli unici per Scia, Cila e permesso di costruire, con l’intento dichiarato di standardizzare le migliaia di documenti diversi richiesti dai Comuni. Ma non hanno fatto in tempo a sedimentarsi: dal primo luglio sono stati rimpiazzati con nuovi modelli, che Regioni e Comuni possono comunque adattare alle proprie specificità.

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