Appalti

L'aggiudicazione della gara deve essere sempre impugnata tempestivamente

di Ilenia Filippetti

L’impugnazione dei controlli effettuati dalla stazione appaltante sulle dichiarazioni dell'aggiudicatario di una gara d’appalto non può comportare la remissione in termini per il ricorso contro un'aggiudicazione che non è stata tempestivamente impugnata. È questo il principio affermato dal Tar Puglia con la sentenza n. 1010/2017.

Il caso
Nel 2014 il Comune di Foggia aveva aggiudicato una gara per l’affidamento della progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori di realizzazione di una infrastruttura destinata al miglioramento della viabilità e della distribuzione del traffico tra i quartieri principali della città. L’aggiudicazione era stata impugnata dalla seconda classificata ed il relativo giudizio era stato deciso con sentenza del Tar Puglia n. 1093 del 2015, confermata in appello con la sentenza Consiglio di Stato n. 709 del 2016, con le quali era stato rigettato il ricorso.
Nel 2016 la società risultata terza classificata – affermando che l’aggiudicazione non le era stata mai formalmente notificata – proponeva un nuovo ricorso al Tar Puglia, sostenendo di aver ricevuto una segnalazione, da parte di un comitato cittadino, circa l’assenza dei requisiti di moralità professionale (di cui all’articolo 38 del Dlgs n. 163 del 2006) da parte di una delle imprese aggiudicatarie della gara: la terza classificata aveva pertanto diffidato il Comune a valutare la legittimità dell’aggiudicazione, invocandone l’annullamento in autotutela con conseguente aggiudicazione in proprio favore. Le reiterate diffide erano state riscontrate dal Comune con una serie di note del 2016, qualificate dalla società terza graduata come atto di definitiva conclusione del procedimento di autotutela. Nel merito, la stessa società lamentava che il socio che controllava indirettamente una delle aggiudicatarie avrebbe dovuto dichiarare tempestivamente la propria posizione penale ex articolo 38, comma 1, lett. c) Dlgs n. 163 del 2006, in virtù dei principi affermati a tale proposito, in altra controversia, dal medesimo Tar Puglia con la sentenza n. 250 del 2015.

La decisione
Con la pronuncia in rassegna il Tar Puglia dichiara inammissibile il ricorso, affermando, in primo luogo, che la corrispondenza trasmessa dal Comune di Foggia all’Impresa ricorrente era priva di natura provvedimentale: dalla lettura del contenuto delle varie note, infatti, emergeva chiaramente che tale corrispondenza costituiva un mero riscontro «di cortesia» alle reiterate diffide che erano state inviate dalla ricorrente al fine di attivare un procedimento di annullamento in autotutela. Con tali note, tuttavia, la Stazione appaltante aveva declinato sia il dovere di procedere (trattandosi di potestà discrezionale), sia l’intenzione di rivalutare l’aggiudicazione in via di autotutela in base alle argomentazioni proposte dalla ricorrente.
Più in particolare, una delle note trasmesse dalla Stazione appaltante si concludeva con l’esplicita affermazione di voler costituire formale riscontro alle diffide formulate dalla società ma senza voler assumere il significato di «atto conclusivo di un procedimento di riesame del provvedimento di aggiudicazione della gara in oggetto e degli atti ad esso presupposti». In altra analoga corrispondenza, si leggeva che il «Comune non ha mai adottato atti di conferma del provvedimento di aggiudicazione già adottato, sia pure all’esito di una rinnovata attività istruttoria e sulla base di motivazione diversa e articolata». Esclusa, dunque, la natura provvedimentale ed autonomamente lesiva degli atti in questione, ne consegue l’inammissibilità della relativa impugnazione, per difetto di interesse, trattandosi, in realtà, di atti meramente esplicativi delle precedenti determinazioni assunte dalla Stazione appaltante nel 2014 ed ormai divenute inoppugnabili.
In realtà – sottolinea il Tar Puglia – le doglianze mosse dalla ricorrente riguardavano il provvedimento di aggiudicazione: ma la stessa ricorrente era sicuramente a conoscenza sia dell’aggiudicazione, sia dei vizi lamentati in sede giurisdizionale almeno dalla data del 12 aprile 2016 (se non prima), così come emergeva chiaramente dalla diffida trasmessa in tale data al Comune di Foggia. Rilevato che il ricorso al Tar era stato notificato soltanto nella data del 27 settembre 2016, ne conseguiva che la relativa proposizione era stata, in ogni caso, irrimediabilmente tardiva.
Anche per quanto concerne i motivi di ricorso, relativi alla verifica dei requisiti speciali ex articolo 48 Dlgs n. 163 del 2006, la sentenza in rassegna sottolinea che è pacifico, nella giurisprudenza amministrativa, che l'impugnazione contro l'esito di tali controlli non possa comportare una remissione in termini per l’impugnazione dell'aggiudicazione che non sia stata proposta tempestivamente. La fase di verifica del possesso dei requisiti in capo all'aggiudicatario, infatti, può formare oggetto di contestazione solo per vizi propri e non può mai consentire la sottoposizione al Giudice amministrativo di contestazioni che dovevano essere fatte valere immediatamente contro l'atto di aggiudicazione.

L’approfondimento
Nel merito, la società ricorrente sosteneva che anche il socio di maggioranza, che vantava poteri di controllo indiretto su una delle aggiudicatarie (si trattava, in particolare, di una società di capitali con più di quattro soci), avrebbe dovuto produrre in gara le dichiarazioni di cui all’articolo 38, comma 1, lett. c) del Dlgs n. 163 del 2006.
A tale proposito il Tar sottolinea che, alla luce del dato testuale del predetto articolo 38, il socio di maggioranza indiretto dell’aggiudicataria non era tenuto a formulare alcuna dichiarazione, trattandosi di società di capitali con più di quattro soci e considerato il fatto che il predetto socio di maggioranza «indiretto» non era formalmente presente nella compagine sociale al tempo della formulazione dell’offerta.
L’obbligo dichiarativo invocato dalla ricorrente era stato sì affermato con la pronuncia del Tar Puglia n. 250 del 2015, ma soltanto dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte nella gara in esame; successivamente alla pubblicazione della predetta sentenza, la società aggiudicataria aveva poi spontaneamente recepito i principi ivi affermati, presentando al Comune di Foggia la dichiarazione di cui all’articolo 38 citato, unitamente al certificato penale e a copia della sentenza di estinzione dei reati ostativi del socio di maggioranza indiretto.
Ciò aveva legittimamente consentito alla stazione appaltante di valutare l’unico precedente non estinto, ritenendolo, con apposita ed idonea motivazione, come non ostativo all’affidamento della gara.

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