Appalti

Concessioni autostradali, il Dl fiscale cancella l’aumento dei lavori da affidare con gara

Ritorno al passato per le concessionarie autostradali. È la clamorosa novità prevista da un emendamento firmato dal Pd per la legge di conversione del decreto fiscale in Senato. La nuova soglia dell’80% per i lavori delle società autostradali da mandare in gara, in calendario per aprile del 2018, non sarà mai attivata. Sarà, invece, prevista una deroga che, di fatto, lascerà tutto invariato: quindi, tetto al 60% e Codice appalti riformato. Una grande vittoria per i sindacati di categoria, dopo una battaglia durata mesi per evitare circa 3mila licenziamenti.

L’ultima modifica
L’articolo 177, introdotto dal nuovo Codice appalti (Dlgs n. 50 del 2016), prevede una modifica sostanziale delle percentuali di lavori sopra la soglia di 150mila euro che le società concessionarie che non abbiano vinto una procedura ad evidenza pubblica devono mandare sul mercato, facendo una gara. Questo tetto sale all’80%, dal vecchio 60 per cento. Venti punti di differenza che, in questi mesi, hanno creato un terremoto. Anche se, di fatto, non sono mai andati in vigore: per l’attivazione della novità, infatti, è stata prevista una fase di sospensione di 24 mesi. La sua entrata in vigore, insomma, era fissata il 19 aprile del 2018. Per alcune concessionarie, però, quel tetto potrebbe non scattare mai.

La correzione in ballo
L’emendamento, firmato dalla maggioranza e proposto per la legge di conversione del decreto fiscale, prevede infatti che «in deroga a quanto previsto» dalla regola generale, «i soggetti titolari delle concessioni autostradali sono obbligati ad affidare una quota pari al sessanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture di importo pari o superiore a 150mila euro», tramite gara. Il resto potrà essere affidato alle società in house. L’effetto pratico, allora, è di tenere in vita il vecchio tetto del 60%, lasciando la situazione invariata rispetto a quanto avviene adesso. Con un solo cambiamento di rilievo: oggi, infatti, non sono previsti limiti per i servizi e le forniture.

Reazioni e conseguenze
Per il settore è una novità clamorosa, che potrebbe chiudere una vicenda che ha visto succedersi pareri del ministero delle Infrastrutture, dell’Anac, interventi del Mise e delle commissioni parlamentari, oltre a continue proteste dei sindacati, preoccupati dalle ricadute occupazionali: sul tavolo ci sono, infatti, 3mila licenziamenti nelle società controllate dalle concessionarie.
Da questa svolta, però, il senatore Stefano Esposito, tra i padri del Codice e firmatario dell’emendamento, si smarca: «È una scelta che mi ha visto contrario e in minoranza, ma a volte è necessario adeguarsi alle decisioni del partito». Il Parlamento - dice - ha valutato due ipotesi: «L’alternativa era inserire una deroga per le manutenzioni, portandole fuori dal conteggio dell’80%. Per me sarebbe stata una soluzione pasticciata. Così, è stato meglio tornare al 60%». Il pressing dei sindacati di settore (Fillea-Cgil, Filca-Cisl e Feneal-Uil) è stato decisivo: l’ultima protesta, in ordine di tempo, è arrivata il 10 luglio scorso, con uno sciopero nazionale e un successivo incontro al ministero dello Sviluppo economico. L’emendamento, adesso, risolve tutto con un intervento normativo.
Questo esito, però, lascia molti dubbi tra le imprese dell’Ance, come spiega il vicepresidente con delega alle Opere pubbliche, Edoardo Bianchi: «Siamo completamente e assolutamente contrari. L’unica modifica delle percentuali che avremmo ammesso sarebbe stata per alzare il tetto di appalti da mandare in gara al 100 per cento. Perché non dobbiamo dimenticarci che la soglia dell’80% nasce già come una soluzione di compromesso».

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