Appalti

Appalti, la commissione può correggere l’errore materiale nell’offerta

di Antonio Nicodemo

La stazione appaltante, qualora rilevi un errore materiale nella formulazione dell’offerta, ha l’onere di ricercare l’effettiva volontà del concorrente, sempre che detto errore materiale non comporti alcuna modifica dell’offerta economica globalmente intesa.
Ricorrendo simili condizioni, infatti, non può dirsi in alcun modo lesa la par condicio dei concorrenti, né tantomeno risulta violato il principio generale dell’immodificabilità dell’offerta. Tanto è stato stabilito dalla V Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 113 del 2018. Per il Giudice amministrativo, pertanto, deve considerarsi ammissibile l’attività interpretativa della volontà dell’impresa partecipante alla gara da parte della stazione appaltante, al fine di superare eventuali ambiguità nella formulazione dell’offerta, purché si giunga ad esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale con essi assunti.

I fatti di causa
Nell’ambito di una procedura di gara indetta dal Comune di Monfalcone, quale capofila della Centrale di committenza, uno dei concorrenti – classificatosi al secondo posto – impugnava la graduatoria innanzi al Tar Friuli Venezia Giulia.
Con il primo motivo, il ricorrente evidenziava che l’impresa aggiudicataria, nel formulare l’offerta economica, aveva proposto un ribasso sull’importo totale comprensivo degli oneri per la sicurezza, e non sull’importo al netto di detti oneri, come prescritto, a pena di esclusione, dal disciplinare di gara.
In secondo luogo, il ricorrente lamentava che l’importo offerto dall’impresa aggiudicataria corrispondeva a un ribasso percentuale dello 0,297 sull’importo totale e non al ribasso offerto dello 0,3%. Secondo la prospettazione del ricorrente, dunque, la Commissione aveva aggiudicato la gara per un importo stabilito direttamente dalla Commissione stessa in base al ribasso dello 0,3%, nei fatti mai praticato dall’impresa aggiudicataria.
Infine, la ricorrente si doleva del fatto che l’offerta dell’aggiudicataria sarebbe stata indeterminabile pure sotto altro profilo, in quanto era stato effettuato un ribasso con una sola cifra decimale, in luogo delle tre cifre decimali prescritte a pena di esclusione dalla lex specialis.
I motivi di doglianza, pertanto, erano sostanzialmente riconducibili al presunto esercizio, da parte della Commissione di gara, dell’inammissibile attività manipolativa volta a modificare l’offerta economica del primo classificato, caratterizzata da indeterminatezza e indeterminabilità.
Le doglianze prospettate venivano tuttavia ritenute infondate dal Giudice di prime cure, che, pertanto, respingeva il ricorso con la sentenza n. 239 del 2017.
Tale decisione veniva impugnata innanzi al Consiglio di Stato.

Le conclusioni del Consiglio di Stato
Con sentenza n. 113 dell’11 gennaio 2018, il Supremo consesso amministrativo ha ribadito, in via preliminare, la rilevanza che nella materia degli appalti pubblici riveste il principio generale dell’immodificabilità dell’offerta, che è regola posta a tutela della imparzialità e della trasparenza dell’agire della stazione appaltante, nonché ad ineludibile tutela del principio della concorrenza e della parità di trattamento tra gli operatori economici che prendono parte alla procedura concorsuale.
Al tempo stesso, tuttavia, così come già cristallizzato in altre pronunce dei Giudici amministrativi, il Giudice di appello ha evidenziato come costituisce onere della stazione appaltante, in presenza di errore materiale nella formulazione dell’offerta, quello di ricercare l’effettiva volontà del concorrente.
Il suddetto onere non è, infatti, di per sé lesivo del principio dell’immodificabilità dell’offerta sopra richiamato, sempre che l’errore materiale, rilevabile immediatamente senza necessità di particolari verifiche o interpretazioni del relativo dato, non comporti alcuna modifica dell’offerta economica globalmente intesa.
Deve pertanto ritenersi ammissibile un’attività interpretativa della volontà dell’impresa partecipante alla gara da parte della stazione appaltante, al fine di superare eventuali ambiguità nella formulazione dell’offerta, purché si giunga ad esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale con essi assunti; le offerte, intese come atto negoziale, sono, infatti, suscettibili di essere interpretate in modo tale da ricercare l’effettiva volontà del dichiarante, senza peraltro attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta medesima né a dichiarazioni integrative o rettificative dell’offerente.
Ne derivava la piena legittimità dell’operato della Commissione giudicatrice nel caso di specie, dal momento che la stessa si era limitata a compiere una mera operazione contabile applicando la percentuale di ribasso indicata dalla stessa concorrente alla base di calcolo fissata dalla lex specialis.
Secondo il Consiglio di Stato inoltre la Commissione giudicatrice aveva ben operato anche laddove aveva interpretato come pari a zero le cifre decimali omesse dall’aggiudicataria nell’indicazione del ribasso, sebbene la lex specialis di gara prescrivesse, a pena di esclusione, l’indicazione espressa di tre cifre decimali.
Ciò è, infatti, conforme sia ai principi delle scienze matematiche, secondo i quali le cifre pari allo zero, se successive alla cifra decimale diversa da zero, non devono essere indicate, sia ai principi cardine del sistema ordinamentale italiano, che vieta – nel rispetto del favor partecipationis – di escludere un concorrente in applicazione di rigidi formalismi non funzionali al perseguimento di interessi meritevoli di tutela.
Il Consiglio di Stato, pertanto, ha rigettato il ricorso confermando in toto la sentenza del Tar Friuli Venezia Giulia.

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