Appalti

Negli appalti di servizi «nascosti» 300mila addetti

Nel valutare la dimensione del settore pubblico occorre analizzare la spesa diretta e indiretta e soprattutto le modalità con le quali il pubblico interviene nell’economia e nella società.
Dal punto di vista organizzativo è interessante capire con quali mezzi interviene il pubblico, e cioè quanto fa direttamente e quanto attraverso le esternalizzazioni. È un tema che riguarda, ad esempio, il ricorso alle società partecipate e all'in house. Per avere un quadro esaustivo su quanto costa la Pa, e soprattutto su come utilizzi le risorse, sarebbe utile effettuare una ricognizione che verifichi effettivamente che cosa si fa direttamente e cosa si fa attraverso i diversi strumenti, e quindi cosa si è esternalizzato in questi anni e con quali risultati. Il tema è stato toccato correttamente di recente da Tito Boeri, presidente dell'Inps, evidenziando che in genere le esternalizzazioni sono più costose, generano inefficienze e “cattivo” lavoro.

Regole e dinamiche
Una Pa regolata più dal diritto amministrativo che da logiche manageriali – ma basterebbe declinare il principio di «“buon andamento» senza scomodare Marchionne e colleghi- trascura ragionamenti economici e valutazioni da buon padre di famiglia in termini di analisi costi-benefici. Anche il controllo della spesa si è realizzato con tagli lineari e con norme di finanza pubblica, per cui la spesa era ammissibile non rispetto al fine ma rispetto al tetto; questo approccio non ha prodotto valutazioni sulla convenienza di alcune scelte e quindi sulla migliore riallocazione delle risorse. È evidente che in questi anni la spending review si è realizzata con un forte taglio lineare nei confronti di tutte le Pa, senza alcun ragionamento sulle finalità della spesa e sulle funzioni. Non a caso tra i controlli presenti nella Pa ci sono sempre stati quelli di regolarità amministrativa e contabile, successivamente (ma in modo formale) quelli sulla dirigenza, ma raramente il controllo di gestione.
Nel caso delle esternalizzazioni, le Pa in questi anni non hanno proceduto secondo analisi costi-benefici sul to make or to buy, ma sulla base di scelte di ripiego e di urgenze. Inoltre, il blocco delle assunzioni e l'irrigidimento della normativa sul personale stabile hanno portato a ricorrere all'esterno. Scelta conveniente per molti, politica, dirigenza, sindacati, dipendenti pubblici. Ma dannosa quasi sempre per i cittadini.

Il nuovo contratto
Anche di recente con il contratto per le «funzioni centrali», è stata introdotta una forte stretta sul ricorso alla somministrazione a tempo determinato, che conta solo 9mila addetti su oltre 3,1 milioni di dipendenti, per favorire gli appalti di servizio che nascondo veri appalti di manodopera. La somministrazione non è un contratto utilizzato nella Pa, anche per i costi derivanti dalle tutele assicurate ai lavoratori attraverso la bilateralità: la previdenza integrativa, la sanità integrativa, il voucher di ricollocazione e la formazione professionale. Più comodo non assumere ed esternalizzare, in quanto i tetti riguardano la spesa per il personale e non i contratti di servizio, e nessuno si è preoccupato di guardare i contratti di servizio che nascondono somministrazione di personale. Si stima che siano oltre 300mila gli addetti “somministrati” con appalti di servizio nella Pa. Si sarebbe dovuto procedere a un'analisi delle esternalizzazioni, ma la norma è rimasta lettera morta. Posto che serva una norma per fare una valutazione sulle scelte gestionali.
Ma a monte di tutto serve una riflessione su cosa deve fare il “pubblico” e come. Se non si risponde a questa domanda banale, tutte le scelte a valle perdono di significato. Anche i tagli della spesa (per consentire il taglio delle tasse), richiedono scelte, scomode, che sempre meno la politica è capace di fare. Dovremmo spendere meno in alcuni settori e di più in altri, ma soprattutto dovremmo spendere meglio.
È apprezzabile che i dirigenti pubblici affrontino questi temi, e abbiano organizzato per il 25 e 26 gennaio gli «Stati generali della Pa». Il loro silenzio su come stanno andando le cose è stato per certi versi assordante. Che dai vertici provengano analisi e proposte sulla Pa dei prossimi anni è importante. Spesso ricette accademiche o solo giuridiche non hanno colto l'essenza dei problemi. È l'occasione per la dirigenza pubblica italiana di dimostrarsi classe dirigente e non mero funzionariato ben pagato.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©