Appalti

All'affidamento diretto serve una motivazione «solida»

di Ilenia Filippetti

L’affidamento diretto di un contratto avente ad oggetto forniture o servizi infungibili costituisce un evento eccezionale rispetto alla generale regola della concorrenza. In tali ipotesi, sulla stazione appaltante grava un preciso onere di accertamento dell’unicità del prodotto ed un altrettanto preciso onere motivazionale circa l’infungibilità della prestazione oggetto del contratto affidato senza gara. È questo il principio affermato dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 310 pubblicata il 18 gennaio 2018.

Il caso
Una stazione appaltante dispone l’affidamento diretto di un servizio mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, ai sensi dell’articolo 57, comma 2, lett. b) del Dlgs n. 163 del 2006, vigente ratione temporis. Un’impresa operante nel medesimo settore merceologico impugna l’affidamento diretto ma, all’esito del giudizio d’appello, il Consiglio di Stato ribadisce che, in via di principio, sono legittimi gli affidamenti diretti disposti per ragioni di natura tecnica o artistica oppure attinenti alla tutela di diritti esclusivi (sottolineando, per inciso, che le disposizioni di cui al citato articolo 57 hanno trovato la sua riproduzione anche nella vigente disciplina contenuta nel Dlgs n. 50 del 2016).

La decisione
La pronuncia in rassegna richiama, sul punto, quanto precisato anche dall’Autorità anticorruzione nelle recenti linee guida n. 8 del 2017, emanate a margine dell’attuale articolo 63 ma articolate sulla base di principi ormai consolidati nell’ampia giurisprudenza amministrativa emersa in materia: per l’Anac, quando una fornitura oppure un servizio siano effettivamente infungibili, la normativa comunitaria e nazionale consente deroghe alla regola generale della selezione degli operatori economici, poiché, in tali casi, l’esito di un’eventuale competizione risulterebbe scontato, esistendo un unico soggetto in grado di aggiudicarsela, con la conseguenza che l’indizione di una procedura ad evidenza pubblica determinerebbe soltanto uno spreco di tempo e di risorse.
Trattandosi di una deroga alla generale regola della concorrenza, occorre però che l’infungibilità sia debitamente accertata e motivata nella determina a contrarre adottata dall’Amministrazione, ai fini del rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, nonché dei principi di concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità. La procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara riveste infatti carattere di eccezionalità rispetto al generale obbligo, posto a carico di tutte le amministrazioni aggiudicatrici, di individuare il contraente privato attraverso un confronto concorrenziale, per cui la scelta di tale modalità richiede un particolare rigore nell’individuazione dei presupposti giustificativi, da interpretare sempre restrittivamente, ed è onere dell’amministrazione committente dimostrarne l’effettiva esistenza (sul punto vengono richiamate le pronunce della Corte di giustizia europea, sentenza 8 aprile 2008, causa C-337/05 e del Consiglio di Stato, sentenza 8 gennaio 2013, n. 26).
Nei casi di infungibilità dei prodotti e dei servizi – conclude il Consiglio di Stato – il Codice ammette dunque la possibilità di derogare ai principi dell’evidenza pubblica.

L’assenza di una «concorrenza sleale»
Con riguardo alla fattispecie concreta oggetto di ricorso, la sentenza in rassegna sottolinea che, dall’esame dei fatti di causa, era emerso con chiarezza come il servizio offerto dall’impresa prescelta in via diretta dalla stazione appaltante presentasse oggettivamente funzionalità più accurate rispetto a quelle degli altri prodotti reperibili sul mercato, e su tale specifico servizio soltanto l’impresa affidataria deteneva l’esclusiva. Alla luce di ciò, il Consiglio di Stato ha ritenuto verificati i presupposti (esclusiva/infungibilità e dunque, unicità del prodotto, nonché, nel caso di specie, specifiche finalità di sperimentazione e studio) richiesti dalla norma ed adeguatamente motivati nei provvedimenti impugnati, anche tenuto conto che l’affidamento era stato disposto per un periodo di sperimentazione al fine di consentire all’Amministrazione di verificare l’effettiva utilità del prodotto.

Conclusioni
Una volta che sia determinata la liceità della procedura, e, dunque, in assenza di violazione delle norme pubblicistiche preposte peraltro proprio alla tutela della concorrenza – conclude il Consiglio di Stato – non è configurabile un illegittimo vantaggio concorrenziale, e tale assunto trova conferma anche nella giurisprudenza della Corte di cassazione emersa con rifermento all’illecito di concorrenza sleale ai sensi dell’articolo 2598, comma 3, del Codice civile (sul punto si veda Corte di cassazione, sentenza 27 aprile 2004, n. 8012).

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