Appalti

Investimenti pubblici, commissioni ferme per il nuovo codice appalti

Un altro anno si è perso per gli investimenti pubblici senza che il promesso rilancio sia avvenuto: nel 2017 non c’è stato il +2,8% pronosticato dal Def ad aprile dello scorso anno e neanche il +0,4% della nota di aggiornamento di settembre. L’Istat certifica che c’è stato invece un -5,6% che nasce da un insieme di responsabilità più volte richiamate in questi anni: i comuni che hanno speso 800 milioni meno dell’anno precedente (-7,4%)nonostante gli “spazi di patto” concessi loro; il codice degli appalti bloccato a metà dell’attuazione; le difficoltà (risolte solo di recente dopo 30 mesi di rimpalli) del contratto di programma Anas. Ma il dato 2017 conferma, in realtà, oltre le cause specifiche e contingenti, che il blocco degli investimenti pubblici è la “grande malattia” italiana, tanto più grave in quanto inserita in un contesto dove ormai tutti gli altri indicatori si muovono: dal Pil all’occupazione, dall’export agli investimenti privati, perfino il debito dà piccoli segni di inversione di rotta. Il “buco nero” resta quello, gli investimenti pubblici. Ed è una bella sfida per il governo che sarà comunque composto di forze politiche che hanno messo il rilancio di questo tipo di spesa al centro di una strategia di stimolo della crescita. La sfida di sburocratizzare, semplificare, alleggerire i vincoli normativi e burocratici. La sfida, in ultima istanza, di far partire opere rimaste ferme per anni.

I lacci burocratici
Quanto pesino i lacci burocratici – spesso anche lacci stupidi che non hanno più alcuna ragione d’essere – è un tema che sta a cuore all’Ance che lo rilancia in questi giorni con un monitoraggio a tutto campo presso le proprie associazioni territoriali. Un modo per “ascoltare” le imprese sul territorio e le loro difficoltà crescenti, ma anche per aprire un canale con le forze politiche uscite vincitrici dal voto del 4 marzo, segnalando opere piccole e grandi bloccate ma anche le cause puntuali (in genere non una, ma un coacervo di cause) che le hanno bloccate. Ne verrà fuori un inventario di cause di blocco che - è l’auspicio dei costruttori - potrà costituire una guida per un primo intervento legislativo di riduzione degli ostacoli e dei lacci nel mercato dei lavori pubblici.

Il caso della statale Jonica
Non si può non citare, in testa a una prima raccolta di opere bloccate, il caso davvero clamoroso del megalotto 3 della statale Jonica 106 da Sibari a Roseto Capo Spulico.
In dieci anni, il progetto è tornato al Cipe ben cinque volte – la prima volta il 28 settembre 2007, l’ultima il 28 febbraio 2018 – e l’Ance ha calcolato che fra l’approvazione in comitato interministeriale delle delibere e la loro pubblicazione nella Gazzetta ufficiale sono trascorsi cumulativamente 1.115 giorni. Tre anni di tempi morti.
Il percorso post-Cipe dei provvedimenti è uno dei temi più volte affrontati anche dall’attuale ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio. Qualche accelerazione è stata prodotta e qualche passaggio è saltato, soprattutto in termini di decreti ministeriali a valle e registrazione alla Corte dei conti, ma molti altri restano. Al punto che la vera questione diventa un’altra: ha senso che il Cipe, nato originariamente per fare programmazione di fondi e assegnazione di risorse, debba approvare i singoli progetti?
È un retaggio della legge obiettivo che in origine aveva senso perché contribuiva a creare una corsia preferenziale per le grandi opere. Ma oggi non ha più senso, resta il passaggio al Cipe con i suoi tempi lunghi senza più accedere a scorciatoie. «Perché il Cipe deve approvare il progetto e tutte le sue modifiche? Sia piuttosto la stazione appaltante a portarlo avanti», dice Gabriele Buia, presidente dell’Ance, che proprio sull’incaglio di tante opere al Cipe sta puntando i riflettori con un tavolo, in collaborazione con Confindustria, sulle semplificazioni possibili.

L’applicazione del nuovo codice degli appalti
Ma non c’è solo il Cipe. Dal monitoraggio che prende corpo risultano difficoltà legate anche all’applicazione del nuovo codice degli appalti e in particolare alle norme sulle commissioni di gara. La Pa affronta una vera e propri paralisi per il fatto che è sempre più difficile trovare dirigenti disposti a entrare nella commissioni. Si sono ridotti gli straordinari pagati mentre crescono i rischi legati alle responsabilità penali, civili, contabili. A Roma - denuncia l’Ance - sono bloccati i 12 lotti per la manutenzione stradale. Per non parlare delle difficoltà progettuali, dei ricorsi al Tar, che non di rado sono la “scusa” per le amministrazioni per bloccare qualunque decisione, anche dopo le sentenze del giudice amministrativo.
«Serve al più presto un governo pienamente operativo che affronti finalmente questi nodi e dia un segnale chiaro nel senso della sburocratizzazione di un settore che, altrimenti, muore», dice Buia. «È importante correggere in corsa quel che non funziona, molte risorse sono state stanziate ma ora vanno spese». Buia parla alle forze politiche che stanno provando a costituire un esecutivo: aspettativa verso chi promette «deburocratizzazione», ma anche la richiesta di non smontare o fermare ciò che è stato avviato. «Ora bisogna partire con quanto possibile, ci sarà poi tempo per affinare la programmazione delle opere prioritarie». Anche qui un lavoro è stato cominciato da Delrio, con i progetti low cost e la rivalutazione delle piccole opere, ma il percorso va completato per portare risultati.

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