Appalti

La Pa può escludere dalla gara per grave illecito professionale l’impresa ancora sotto processo

di Paola Rossi

L’esclusione per grave illecito professionale - in caso di risoluzioni e penali contrattuali sub iudice - non può scattare automaticamente, quindi l’amministrazione che voglia impedire la partecipazione alla gara deve motivare, a valle di un’istruttoria, l’esistenza di indizi sufficienti a sostenere l’inaffidabilità del contraente, al di là del processo ancora pendente. Così la Corte di giustizia amministrativa siciliana con la sentenza n. 252/2018 ha chiarito quando sia possibile procedere all’esclusione dell’impresa anche mentre è pendente davanti al giudice la contestazione contro la risoluzione per inadempimento di un precedente contratto con la pubblica amministrazione.

La motivazione della stazione appaltante
La stazione appaltante attraverso congrue motivazioni può sostenere che sussistono sufficienti indizi della non affidabilità del contraente che intenda escludere dalla gara. E senza essere vincolata ad attendere la conclusione dei processi - che notoriamente possono andare anche molto per le lunghe - paralizzando di fatto l’attività della Pa nel reperimento di mezzi e competenze utili al suo svolgimento. Ricorda la sentenza siciliana che, appunto, anche in presenza di una risoluzione per inadempimento ancora sub iudice, alla stazione appaltante non è precluso applicare ugualmente la causa di esclusione ex articolo 80, comma 5, lettera c), del Dlgs 18 aprile 2018 n. 50, che è la norma attorno cui ruota l’interpretazione fornita dai giudici amministrativi.

La previsione normativa
Testualmente la norma afferma che le amministrazioni escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico che la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano esplicitamente: le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio. Ciò che sembrerebbe escludere la legittimità dell’esclusione affrontata nella causa siciliana poichè era pendente l’impugnazione contro la risoluzione del contratto.

La risoluzione e le sanzioni sub iudice
Ma nel caso specifico la stazione appaltante aveva fatto uso di un’altra disposizione della norma che consente la possibilità di dimostrare «comunque» e specificatamente «con mezzi adeguati» che l'operatore economico si è reso colpevole di grave illecito professionale, che ne giustifica l’esclusione. E - come affermano i giudici amministrativi - è però necessario che la stazione appaltante dimostri con elementi probatori e motivi adeguatamente, l'effettività, gravità e inescusabilità degli inadempimenti dell'impresa. Compresa la mera pretestuosità dell’azione giudiziale intentata dall’impresa contro la risoluzione del contratto. La possibilità di escludere per tale via un aspirante concorrente dalla partecipazione a una gara, presuppone ovviamente motivazioni e istruttorie con risultanze probatorie di carattere ben più stringente di quei casi di esclusione tipizzati dalla legge e che scattano automaticamente.

La sentenza della Corte di giustizia amministrativa siciliana n. 252/2018

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