Appalti

Per gli appalti obbligo di contabilità digitale

Un nuovo decreto di riferimento per la fase esecutiva di tutti gli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture. Con una novità che spicca sulle altre: il forte impulso all’adozione di strumenti elettronici nella contabilità, che diventano obbligatori. Parte domani il percorso del Dm del ministero delle Infrastrutture n. 49/2018, il provvedimento destinato a sostituire il vecchio regolamento appalti (Dpr n. 207/2010) sulla scrivania degli operatori. Un provvedimento che, rispetto al passato, dà un peso molto rilevante proprio ai servizi e alle forniture, diventati nel tempo un pezzo fondamentale del mercato.
In generale, se l’elenco dei documenti contabili con il nuovo provvedimento resta invariato, cambia sostanzialmente l’infrastruttura della quale sarà necessario dotarsi: finora, infatti, l’utilizzo di programmi contabili computerizzati era una semplice facoltà. Adesso, in caso di mancato utilizzo, la pubblica amministrazione dovrà dare una motivazione, comunicare l’inadempimento all’Anac e, poi, adeguarsi in tempi rapidi. La digitalizzazione diventa, insomma, obbligatoria.

Autenticità sicurezza
Gli strumenti elettronici devono essere in grado di garantire autenticità, sicurezza dei dati inseriti e provenienza dei dati dai soggetti competenti. Uniformando i linguaggi, sarà possibile condividere e verificare più facilmente le informazioni relative alla contabilità dei lavori, dei servizi e delle forniture.
È evidente che questa novità amplia il mercato a disposizione dei produttori di software. Così, il testo specifica che le piattaforme telematiche dovranno essere «interoperabili» e funzionare «a mezzo di formati aperti non proprietari», per evitare limitazioni alla concorrenza tramite la creazione di situazioni di monopolio. Solo per i lavori di importo minimo, al di sotto della soglia di 40mila euro, sarà possibile tenere una contabilità semplificata.

Le riserve
Non si tratta della sola novità contenuta nel decreto. Un altro aspetto decisivo riguarda il tema delle riserve: sono, in sostanza, le richieste di maggiori compensi che, tramite iscrizione nei documenti contabili, vengono effettuate in fase di esecuzione di un appalto, per effetto di fatti sopravvenuti che rendono necessario riequilibrare il contratto.
Nel vecchio sistema le riserve venivano regolate per legge. Adesso cambia tutto: il Dm, infatti, rimanda alle regole previste dalla singola amministrazione nel capitolato. In pratica, ogni appalto avrà una storia diversa. Un approccio che, secondo i costruttori dell’Ance, è forierio «di possibile aumento del contenzioso», perché mette nelle mani di una delle parti uno degli istituti chiave per fissare il punto ottimale di equilibrio nel contratto.

Le «varianti non varianti»
Guardando ai soli lavori, vengono reintrodotte nel sistema le cosiddette «varianti non varianti», modifiche di dettaglio che possono essere disposte con una semplice comunicazione al responsabile unico del procedimento, a condizione che non comportino «aumento o diminuzione dell’importo contrattuale». Resta ferma la regola del quinto dell’importo del contratto: se non si sfora questo tetto, l’impresa non potrà chiedere la risoluzione del rapporto.
Sono, infine, più responsabilizzati i professionisti che si occupano di direzione lavori. L’articolo 6 del provvedimento, infatti, rafforza di molto gli oneri a loro carico, in fase di accettazione dei materiali in cantiere. C’è, allora, l’obbligo (e non più la facoltà) per il direttore di disporre prove e analisi ulteriori rispetto a quelle previste dalla legge per stabilire l’idoneità dei materiali. Ma non solo. C’è anche l’obbligo di rifiutare i materiali che risultano deperiti dopo l’introduzione in cantiere. E, a completare il quadro delle responsabilità a carico dei professionisti, c’è l’obbligo di verificare il rispetto delle norme in materia di sostenibilità ambientale. I criteri ambientali minimi diventano, così, un pezzo strategico dell’esecuzione dei contratti.

Il Dm Infrastrutture 49/2018

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