Appalti

Senza gara «sì» all'annullamento in autotutela della concessione di campi da tennis del Comune

di Alberto Ceste

Ai sensi dell'articolo 21-nonies comma 1 della legge 7 agosto 1990 n. 241 è legittimo il provvedimento comunale di annullamento d'ufficio in autotutela della convenzione di concessione di alcuni suoi campi da tennis ad un Tennis Club privato, motivato con il fatto che sussistono le ragioni di interesse pubblico richieste dalla norma in esame riscontrabili nel mancato esperimento preventivo della gara pubblica.
Le concessioni di beni demaniali, quale quello in considerazione, infatti, debbono essere sempre affidate per mezzo di una procedura ad evidenza pubblica, che invece nel caso di cui si discute è stata omessa. È quanto afferma il Consiglio di Stato, Sezione V, con la sentenza n. 3588 depositata l'11 giugno 2018.

I presupposti per l'esercizio del potere di autotutela decisoria

Il citato articolo 21-nonies comma 1 della legge n. 241/1990 prevede che la Pubblica amministrazione possa esercitare il potere decisorio di annullamento d'ufficio in autotutela rispetto ad un proprio provvedimento di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, laddove sussistano i seguenti presupposti:
-        illegittimità iniziale del provvedimento da annullare, considerato il rinvio che la     norma analizzata opera all'articolo 21-octies comma 1 della stessa legge n. 241/2990, per il quale «è annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza»;
-        interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione del provvedimento di primo   grado;
-        adozione della determinazione di annullamento entro un ragionevole lasso di tempo, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione del provvedimento da annullare;
-        valutazione comparativa degli interessi dei destinatari del provvedimento di secondo grado;
-        insussistenza di affidamento legittimo del privato, ostativo all'esercizio del potere di autotutela.

Focus sull'interesse pubblico sotteso al provvedimento di annullamento
Particolarmente gravoso per l'Amministrazione è l'onere motivazionale in ordine al requisito dell'interesse pubblico sotteso alla decisione di annullare in autotutela un proprio precedente provvedimento.
Al riguardo, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che l'interesse pubblico specifico alla rimozione dell'atto illegittimo dev'essere integrato da ragioni differenti dalla mera esigenza di ripristino della legalità, in quanto, diversamente ragionando, dovrebbe ritenersi che l'auto-annullamento «costituisca un atto dovuto e non già una facoltà dell'Amministrazione procedente, come, invece, emerge dal tenore dell'articolo 21-nonies, della legge n. 241/1990» (Tar Puglia – Bari, sentenza 19 aprile 2018 numero 595).
L'interesse, inoltre «deve essere esplicitato nel provvedimento di annullamento e/o autotutela e lo stesso deve tener conto degli interessi dei destinatari e dei contro-interessati» (Tar Sicilia – Catania, sezione I, sentenza 4 maggio 2018 n. 894).

Il caso
Il Comune ricorrente ha adito il Consiglio di Stato per la riforma della sentenza del Tar Campania – Napoli, sezione VIII, numero 3898 del 26 luglio 2016, che aveva disposto l'annullamento del provvedimento di ritiro della convenzione di concessione ad un Tennis Club della gestione dell'impianto sportivo di proprietà comunale, avanzando le seguenti censure dell'appellata decisione:
-        mancata pronuncia del Giudice di prime cure su tutte le ragioni poste a fondamento del provvedimento di autotutela, tra le quali la violazione della regola che impone l'affidamento della concessione di un bene demaniale mediante gara ad evidenza pubblica;
-        erronea valutazione della sentenza di primo grado circa la supposta mancata comparazione dell'interesse pubblico con quello privato da parte del provvedimento di secondo grado, che sarebbe stato perciò non adeguatamente motivato, mentre invece lo stesso ha dato adeguatamente conto dell'interesse alla rimozione del provvedimento iniziale. Questo, dal momento che nello specifico è stato evidenziato sia lo stato di degrado in cui versava il bene sia il danno alla salute che si sarebbe verificato in presenza di vento per i residenti in prossimità dell'impianto, considerata la tipologia di campi da tennis che sarebbero stati realizzati (in terra rossa).

La sentenza
Il Consiglio di Stato ha accolto l'appello e, per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, ha respinto il ricorso di primo grado, osservando che:
-        l'impianto sportivo era stato affidato in via diretta, con grave violazione delle norme di derivazione comunitaria, le quali, a tutela della concorrenza e dell'interesse pubblico allo sfruttamento più conveniente del bene demaniale, impongono l'assegnazione dello stesso necessariamente mediante procedura ad evidenzia pubblica;
-        dal momento che il bene in questione è economicamente contendibile e di particolare rilevanza, il vizio che inficia l'atto amministrativo è particolarmente grave; stando così le cose, «il potere di autotutela, pur non assumendo natura meramente vincolata, si caratterizza per una più intensa considerazione dell'interesse pubblico rispetto a quello privato con la conseguenza che il giudizio di prevalenza del primo sul secondo richiede una motivazione meno pregnante»;
-        l'annullamento d'ufficio, infine, non ha arrecato alcun danno all'interessato giacché la struttura non è mai stata consegnata dal Comune.
Ciò, potrebbe sì comportare per l'Ente locale un'eventuale responsabilità per danni dal momento che la convenzione di concessione del bene ne prevedeva la consegna al Tennis Club, ma non il radicarsi in capo a quest'ultimo di un interesse alla conservazione del bene attenuandone la posizione di affidamento.

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