Appalti

Affidamenti in house, l’iscrizione all’albo non elimina l’obbligo di giudizio sulla congruità dell’offerta

di Michele Nico

Con le delibere nn. 461, 484 e 485/2018, l'Anac, dopo aver accertato nel caso di specie la sussistenza dei requisiti prescritti per dare corso agli affidamenti in house, accoglie le domande di iscrizione presentate da numerose amministrazioni pubbliche centrali e periferiche, con l'effetto di allungare la fila degli enti iscritti nell'albo delle stazioni appaltanti.
Dopo un avvio tutto in salita, questo sistema di controllo – che si aggiunge al vaglio della Corte dei Conti sulla funzionalità ed efficienza degli organismi strumentali al servizio della Pa – sembra finalmente entrare a regime, anche se con un raggio d'azione assai minore rispetto alle attese.

Il nuovo sistema di controllo
Come si ricorderà, all'indomani della deliberazione n. 235 in data 15 febbraio 2017 l'Autorità lasciava intendere che le nuove linee guida non solo dovevano coinvolgere le relazioni interorganiche della Pa per gli affidamenti diretti a qualsiasi organismo avente o no natura societaria, ma il vaglio avrebbe dovuto estendersi a tutti gli affidamenti nuovi o già in essere.
Senza porre distinzioni di sorta, il punto 3.1 della delibera citata sanciva in modo generalizzato che «sono tenuti a richiedere l'iscrizione nell'elenco le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori che, al ricorrere dei presupposti previsti dall'art. 5 del codice e dagli articoli 4 e 16 del dlgs 175/2016, intendano operare affidamenti diretti in favore di organismi in house in forza di un controllo analogo diretto, invertito, a cascata o orizzontale sugli stessi».
L'ampiezza della previsione era coerente con lo stesso articolo 192 del codice dei contratti – interpretato alla luce del parere n. 855/2016 espresso in materia dall'apposita commissione speciale istituita presso il Consiglio di Stato – che istituisce un regime speciale ad hoc per accertare sul campo la legittimità degli affidamenti in house, che rappresentano a tutt'oggi la forma organizzativa più diffusa tra quelle utilizzate per l'esercizio dei servizi pubblici locali.
Dopo una serie di rinvii rispetto alla scadenza originaria (27 giugno 2017), le linee guida di cui alla delibera n. 235/2017 – nel frattempo aggiornate con determinazione n. 951 del 20 settembre 2017 – sono entrate in vigore soltanto il 15 gennaio 2018, oltretutto con l'avvertenza, indicata tra le faq del portale Anac, che l'istanza va presentata soltanto dagli enti che intendano operare affidamenti in house nei mesi successivi alla domanda, fermo restando che «tra i nuovi affidamenti rientrano anche le variazioni sostanziali degli affidamenti in house già in essere. Per variazioni sostanziali devono intendersi le modifiche significative agli aspetti tipologici, strutturali, qualiquantitativi e funzionali dell'oggetto dell'affidamento».

L'iscrizione all'albo
Ritornando ai provvedimenti in esame, si evidenzia che con l'iscrizione all'albo viene a configurarsi una condizione necessaria, ma non sufficiente per operare in modo legittimo l'affidamento in house. Infatti, il vaglio dell'Anac si limita a certificare la sussistenza dei presupposti necessari per la sussistenza del rapporto di delegazione interorganica tra l'ente e il soggetto affidatario (controllo analogo, soggezione agli indirizzi dell'ente, limiti di fatturato, eccetera), senza verificare in alcun modo la congruità del corrispettivo alla base del contratto di servizio.
Sotto questo aspetto, il comma 2 dell'articolo 192 del Dlgs 50/2016 impone all'ente affidante un obbligo di motivazione preventiva con cui valutare la congruità economica dell'offerta del soggetto in house, con riferimento ai seguenti elementi: oggetto, valore della prestazione, ragioni del mancato ricorso al mercato, benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, obiettivi plurimi di universalità e socialità, efficienza, economicità e qualità del servizio e impiego ottimale delle risorse pubbliche.
In questa cornice, la legittimità del ricorso all'affidamento in house non richiede soltanto la sussistenza dei requisiti giuridici prescritti, ma la dimostrazione (ben più impegnativa) che la deroga al principio della concorrenza nel mercato è giustificata da obiettivi di interesse generale, posto che secondo il principio di buon andamento la modalità di affidamento prescelta deve sempre essere quella che minimizza i costi di fornitura del servizio.

Le ragioni del mancato ricorso al mercato
In questa logica, la norma impone all'ente di motivare «le ragioni del mancato ricorso al mercato», rendendo di fatto obbligatoria un'indagine preventiva di mercato da parte della Pa, al fine di verificare la congruità delle condizioni economiche proposte per l'erogazione dei servizi in house, nella logica del rapporto qualità/prezzo.
L'aspetto non va sottovalutato, stante il fatto che il giudizio di congruità rappresenta il passaggio più delicato della decisione di utilizzare lo strumento dell'in house, in quanto dalla sua correttezza o meno possono derivare rilevanti profili di responsabilità in capo all'ente cui è demandato tale giudizio.
Si consideri, sul punto, che la congruità della spesa prevista per l'affidamento di un servizio in house deve essere attestata, nell'ambito dell'ente locale, dal responsabile dell'ufficio che dispone tale affidamento. La relativa dichiarazione non può consistere in semplici formule di stile, ma deve essere ancorata a riferimenti concreti, indicando analiticamente il termine di confronto che induce a ritenere congrua la spesa.
In altre parole, l'affidamento in house non può prescindere da una comparazione che dimostri la convenienza dell'affidamento diretto, il quale è pur sempre una deroga alle regole del mercato e della concorrenza. L'ambito di questa verifica, come si è detto, esula dal vaglio dell'Anac ai fini dell'iscrizione all'albo e ricade in capo dell'ente affidante, che deve perciò muoversi con cautela in un delicato settore che da tempo è sotto la lente della Corte dei Conti.

La delibera Anac n. 461/2018

La delibera Anac n. 484/2018

La delibera Anac n. 485/2018

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