Appalti

L’aumento eccessivo dei costi in corso d’opera dà diritto alla revisione del prezzo dell’appalto

di Michele Nico

Se nel corso del contratto di servizio stipulato con l'ente pubblico si verificano circostanze imprevedibili che rendono più onerosa la prestazione determinando un aumento nel costo dei materiali o della mano d'opera, l'appaltatore ha diritto a un'integrazione del corrispettivo per rimediare al sopravvenuto disequilibrio di valore tra le prestazioni convenute. Lo afferma la Corte di cassazione, sezione I, con la sentenza n. 14639/2018 che ha accolto il ricorso di un'impresa, affidataria del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani.

Il fatto
L'impresa aveva richiesto al Comune il pagamento del maggior corrispettivo dovuto, perché aveva effettuato il trasporto dei rifiuti in una discarica più lontana di quella indicata nel contratto di servizio. L'aumento della spesa per il trasporto era stato previsto da un'appendice del contratto a partire dal 21 settembre 1988, ma per accordi verbali con l'ente e oggettive ragioni di pubblica necessità l'impresa aveva cominciato a effettuare i trasporti nella nuova discarica dal 15 dicembre 1987.
L'impresa, quindi, aveva richiesto il pagamento degli oneri aggiuntivi sostenuti anche prima dell'appendice. La richiesta finita in tribunale era stata respinta dalla Corte di appello di Bari con la sentenza n. 1216/2013 per la mancata preventiva stipula di un accordo ad hoc in forma scritta.
In apparenza la motivazione con cui la corte d’appello ha rigettato la richiesta non fa una grinza, dato che i contratti della pubblica amministrazione devono essere stipulati, a pena di nullità, in forma scritta. Questa modalità ha la funzione di garanzia del regolare svolgimento dell'attività amministrativa, permettendo di identificare con precisione il contenuto dell'atto anche ai fini della verifica della copertura finanziaria.

L a decisione e le sue implicazioni
L'assunto è pacifico, come si è detto, ma con questa decisione la Suprema Corte segue un altro filo logico, facendo leva sull'istituto dell'eccessiva onerosità (articolo 1467 del codice civile). La norma prevede che al verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, che comportino uno squilibrio nel rapporto tra le parti nel contratto a esecuzione continuata, può essere chiesta la risoluzione, oppure in alternativa può essere concordata un'equa modifica delle condizioni convenute tra le parti.
I giudici aggiungono, al riguardo, che questa forma di revisione del prezzo trova applicazione nell'appalto di servizi, perché un divieto in materia era stato previsto soltanto per gli appalti di lavori pubblici previsti dall'articolo 26, comma 3, della legge 109/1994.
La pronuncia è degna di nota, anche per le delicate implicazioni che comporta sul piano amministrativo e contabile dell'ente locale. Se, infatti, l'istituto dell'eccessiva onerosità è idoneo a giustificare la pretesa del soggetto terzo al riconoscimento di oneri aggiuntivi senza la preventiva modifica del contratto, è chiaro allora che la Pa dovrà prestare la massima attenzione alla copertura economica derivante dagli impegni convenuti, per evitare l'insorgenza di debiti fuori bilancio e le ipotesi di responsabilità erariale che questa fattispecie comporta.

La sentenza della Corte di cassazione, sezione I, n. 14639/2018

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