Appalti

Codice appalti, Anac, liti: le proposte di Ance e Comuni

Si scaldano i motori per la riforma del codice degli appalti che il governo ha promesso a breve e che potrebbe arrivare - come anticipazione di norme da rafforzare poi in Parlamento - con il decreto legge in preparazione per la prossima settimana. Costruttori e comuni, rappresentati rispettivamente da Ance e Anci, fanno la prima mossa sulla scacchiera del confronto pubblico presentando oggi un documento congiunto che conterrà dieci proposte di modifica dell’attuale codice.

Un lavoro che parte dalle difficoltà e dalle impasse dei mesi scorsi - solo parzialmente superate da una controversa ripresa dei bandi di gara - per incidere in modo rilevante sugli assetti dell’attuale codice. Le due organizzazioni difendono nell’introduzione della loro proposta l’impostazione di fondo del codice. Gran parte degli interventi proposti sono mirati e chirurgici, tuttavia su aspetti rilevanti: l’estensione dell’appalto integrato che consente di tornare a gare sulla base del progetto definitivo e non esecutivo; il recupero delle gare con massimo ribasso e la limitazione dell’obbligo di offerta economicamente più vantaggiosa ai soli progetti complessi; la semplificazione del subappalto con l’indicazioni dei subappaltatori dopo la gara; una grande flessibilità della qualificazione delle stazioni appaltanti con il salvataggio delle aggregazioni dei piccoli comuni e la qualificazione di diritto delle centrali di Comuni metropolitane e province; nuovi strumenti per ridurre il contenzioso o accelerarne la definizione; l’estensione delle procedure negoziate per i servizi di progettazione e l’eliminazione del sorteggio per decidere chi invitare al confronto nelle gare di lavori.

Interventi chirugici su aspetti importanti. Ci sono però anche due interventi che incidono su aspetti “sistemici” delcodice, intaccandone una delle chiavi di fondo, la soft law, vera “colpevole” dell’impasse che si è creata secondo le due organizzazione.

Il primo aspetto è l’impianto di attuazione del codice, considerato troppo complesso e generatore di incertezza per stazioni appaltanti e operatori economici. Numerosi i rilievi, a partire dalla mancanza di un adeguato periodo transitorio alla mancata attuazione (dei 66 provvedimenti approvati meno della metà) all’«aumento della regolamentazione rispetto a quanto richiesto dalle direttive europee, in contrasto con il divieto del cosiddetto glod plating». Nelle proposte Ance-Anci c’è quindi il ritorno a un regolamento generale attuativo unico e vincolante che assorba (e abroghi) tutti i provvedimenti attuativi, comprese le linee guida dell’Anac.

Il secondo aspetto “sistemico” riguarda proprio i poteri dell’Anac. Oggi Ance e Anci difenderanno il ruolo dell’Anac e del presidente Cantone ai fini della difesa della legalità nel settore. E anche la proposta prevede che siano mantenute e in alcuni casi anche potenziate «le funzioni di vigilanza, controllo e deflazione del contenzioso». Quello che non viene citato, perché si suppone scompaia in quanto non coerente con il nuovo modello di attuazione, è il potere di regolazione dell’Anac che costituiva la grande novità del codice.

Il documento congiunto

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