Appalti

Il responsabile del procedimento non può far parte della commissione giudicatrice (o forse sì)

di Ilenia Filippetti

Anche in merito all’incompatibilità tra la figura del responsabile unico del procedimento e il ruolo di componente della commissione giudicatrice nominata ai sensi dell’articolo 77 del Dlgs 50/2016, è sorto un contrasto giurisprudenziale. E infatti, ai sensi del comma 4 dell’articolo 77, «i commissari non devono aver svolto né possono svolgere alcun'altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta». Con il correttivo al Codice, approvato con il Dlgs 56/2017, l’articolo 77 è stato peraltro modificato ‒ sulla scorta delle indicazioni provenienti dal parere n. 1767/2016 reso dal Consiglio di Stato ‒ con l’aggiunta di un periodo, secondo il quale «la nomina del Rup a membro delle commissioni di gara è valutata con riferimento alla singola procedura».
Per una parte della giurisprudenza amministrativa, pertanto, il nuovo Codice (quantomeno nel testo anteriore al decreto correttivo) dispone, in senso innovativo rispetto al previgente Dlgs 163/2006, l’esistenza di una netta e rigida incompatibilità tra le funzioni tipiche dell’ufficio di Rup e l’incarico di componente della commissione, e proprio in questo senso si sono pronunciate varie curie, tra le quali Tar Lazio, Latina, 23 maggio 2017, n. 325 e Tar Lombardia, Brescia, 4 novembre 2017, n. 1306.
Secondo un diverso orientamento, al contrario, nelle procedure di evidenza pubblica il ruolo di Rup può legittimamente coincidere con le funzioni di commissario di gara e, addirittura, anche con le funzioni del presidente della commissione giudicatrice (Tar Veneto, 7 luglio 2017, n. 660). Anche in tali ipotesi, in ogni caso, resterebbe comunque ferma la possibilità che venga dimostrata, concretamente, l’esistenza di un’incompatibilità derivante da una specifica interferenza tra le funzioni assegnate rispettivamente al Rup e quelle assegnate alla Commissione (Tar Puglia, Lecce, 12 gennaio 2018, n. 24). Nelle procedure di gara bandite nella vigenza del nuovo Codice ‒ nel testo anteriore alle modifiche apportare dal decreto correttivo ‒  è stata dichiarata legittima la composizione della Commissione giudicatrice nella quale il presidente abbia svolto anche il ruolo di responsabile del procedimento e di responsabile del servizio, e abbia anche sottoscritto gli atti di indizione della gara ai sensi dell’articolo 107 del Dlgs 267/2000: deve quindi escludersi un automatismo nell’individuare la predetta incompatibilità quando non siano stati acquisiti chiari elementi probatori circa l’effettiva esistenza di concreti condizionamenti del presidente, idonei a incidere sulla valutazione delle offerte (Tar Emilia - Romagna, Bologna, 25 gennaio 2018, n. 87).
Nel senso di una lettura flessibile della norma, peraltro, si è espresso anche il Consiglio di Stato, con la pronuncia 5 febbraio 2018, n. 695, secondo il quale, in ogni caso, ai fini dell'assolvimento dell'onere della prova della situazione di incompatibilità, ciò che rileva è il dato sostanziale della concreta partecipazione alla redazione degli atti di gara, e ciò anche a prescindere dal profilo formale della sottoscrizione o dalla mancata sottoscrizione dei predetti atti (Consiglio di Stato, 28 aprile 2014, n. 2191).
Il predetto onere della prova grava sulla parte che deduce la condizione di incompatibilità (Consiglio di Stato, 25 gennaio 2016, n. 242; Consiglio di Stato, 23 marzo 2017, n. 1320; Consiglio di Stato, 22 gennaio 2015, n. 226): a tali fini, non sarà peraltro sufficiente allegare un mero sospetto circa l'esistenza di una possibile situazione di incompatibilità (Consiglio di Stato, 22 gennaio 2015, n. 255; in senso conforme cfr. anche Tar Umbria, 2 gennaio 2018, n. 10 nonché Tar Umbria, 30 marzo 2018, n. 192).

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