Appalti

Alla Corte Ue la compatibilità dell’esclusione per «grave illecito professionale» con la direttiva appalti

di Emanuele Guarna Assanti

Il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 5033 del 23 agosto 2018, ha rimesso alla Corte di giustizia la questione se l’articolo 57, par. 4 e il considerando n. 101 della Direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, unitamente al principio di proporzionalità e di parità di trattamento, ostano a una normativa nazionale (articolo 80, comma 5, lett. c), Dlgs n. 50/2016) che, definita quale causa di esclusione di un operatore economico il «grave illecito professionale», stabilisce che, nel caso in cui l’illecito abbia causato la risoluzione anticipata di un contratto d’appalto, l’operatore può essere escluso solo se la risoluzione non è contestata o è confermata all’esito di un giudizio.

La vicenda
La vicenda concerneva l’affidamento del servizio di temporanea accoglienza di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale. La Commissione di gara aggiudicava provvisoriamente il servizio a una cooperativa la quale, tuttavia, nelle more dell’espletamento della suddetta procedura di gara, subiva un provvedimento di risoluzione di un precedente contratto, avente il medesimo oggetto, disposto dalla Prefettura di competente.
Seguiva, ai sensi dell’articolo 80, comma 5, lett. c), Dlgs n. 50/2016, provvedimento di esclusione dalla procedura, avverso il quale l’Ati proponeva ricorso innanzi al Tar. Il Giudice amministrativo respingeva il ricorso.
Infatti, l’articolo 80, comma 5, lett. c), del Codice dei contratti pubblici prevede, tra le cause di esclusione dalla procedura, il caso in cui «c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio».
Nel caso in esame la risoluzione contrattuale non risultava impugnata né censurata in giudizio. Secondo il Giudice amministrativo, tuttavia, non era possibile interpretare il dettato normativo nel senso che «la Pa debba addirittura attendere l’assenza di future, eventuali iniziative giudiziarie dei concorrenti, iniziative sottoposte peraltro dal c.p.a. a termini processuali evidentemente non in linea con gli interessi oggetto dei procedimenti e dei processi amministrativi in tema di appalti».

La questione giuridica e l’ordinanza di rimessione
La doglianza relativa all’interpretazione dell’articolo 80, comma 5, lett. c), Dlgs n. 50/2016 viene riproposta in appello. La soluzione offerta dal Giudice di primo grado, secondo il ricorrente, non è condivisibile perché sembrerebbe che la causa di esclusione operi solo se al provvedimento di risoluzione sia stata prestata acquiescenza, esso sia diventato inoppugnabile, oppure che la risoluzione contrattuale sia stata confermata con una pronuncia passata in giudicato. La legge avrebbe inteso perseguire finalità di semplificazione probatoria, trattandosi di vicenda complessa quella di fornire la prova incontestabile che il pregresso inadempimento sia stato significativo.
Dopo un’analisi della normativa e della giurisprudenza in materia, il Consiglio di Stato riscontra l’eterogeneità delle disposizioni interna ed europee: «appare chiaro, infatti, che le previsioni europee (articolo 57, par. 4 e considerando n. 101 della Direttiva 2014/24/UE) ritengono di consentire l’esclusione dell’operatore economico solo se la stazione appaltante sia in condizione di dimostrare la sussistenza di un grave illecito professionale ‘anche prima che sia adottata una decisione definitiva e vincolante sulla presenza di motivi di esclusione obbligatori’».
La legislazione nazionale, invece, ha stabilito che l’errore professionale, passibile di risoluzione anticipata, non comporta l’esclusione dell’operatore in caso di contestazione in giudizio, con la conseguenza della subordinazione dell’azione amministrativa agli esiti di un giudizio, facendo dipendere in ultima analisi dalla scelta dell’operatore economico l’intera azione amministrativa.
Alla luce delle considerazioni svolte viene formulata alla Corte di giustizia dell’Unione Europea la seguente questione pregiudiziale: «Se il diritto dell’Unione europea e, precisamente, l’articolo 57 par. 4 della Direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, unitamente al Considerando 101 della medesima Direttiva e al principio di proporzionalità e di parità di trattamento ostano ad una normativa nazionale, come quella in esame, che, definita quale causa di esclusione obbligatoria di un operatore economico il ‘grave illecito professionale’, stabilisce che, nel caso in cui l’illecito professionale abbia causato la risoluzione anticipata di un contratto d’appalto, l’operatore può essere escluso solo se la risoluzione non è contestata o è confermata all’esito di un giudizio».

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