Appalti

Piano sicurezza edilizia scolastica al rallenty, in 15 anni attuato al 61%

di Massimo Frontera

Sovrapposizione di troppe norme, risorse inadeguate, mancato passaggio dalla logica dell'intervento emergenziale alla logica della prevenzione, mancato dialogo tra amministrazioni competenti, carente progettazione delle opere programmate.
È lunga la lista delle «criticità» che emergono dalla relazione della Corte dei Conti sul «Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici nelle zone a rischio sismico», avviato con la legge 289/2002 e attuato in vari programmi stralcio.

I numeri
Intanto i numeri: «A distanza di oltre 15 anni dalla l. n. 289/2002 - si legge nella relazione - a fronte di 2.645 interventi complessivamente programmati, ne risultano avviati 1.945, mentre 637 non sono mai iniziati (24 per cento). Gli interventi ultimati sono complessivamente pari a 1.617 su 2.651 previsti, pari al 61 per cento». Sulla base di questi dati, la valutazione non può che essere negativa: «Complessivamente, non può ritenersi adeguato lo stato di attuazione, essendo tutti i piani, a distanza di 15 anni, ancora in corso di attuazione, peraltro parziale».
Sulle cause della lentezza, la relazione fornisce varie indicazioni. «La messa in sicurezza degli edifici scolastici - osserva la Corte dei Conti - è prevista da una pluralità di norme tra loro sovrapposte» e anche una pluralità di finanziamenti. «Questa Sezione - si ricorda - aveva osservato che le risorse avrebbero potuto essere meglio utilizzate ove avessero fatte parte di un unico piano coordinato nelle modalità e nei criteri, in modo da garantire uno stanziamento adeguato di risorse, la regolarità nella loro erogazione ed evitare che su uno stesso immobile fossero effettuati interventi, contemporaneamente o in tempi diversi, finanziati in base a leggi diverse e che i lavori non potessero essere estesi all'intero immobile perché legati a finalità proprie delle specifiche normative».

Confusione che genera inefficienza
Una confusione che genera inefficienza. Emblematico è un grave caso di mancato dialogo tra amministrazioni centrali. «Lascia perplessi - dice la Corte - che, in sede istruttoria, solo il Mit, nonostante le disposizioni esaminate attribuiscano specifiche competenze anche al Miur, fosse informato dello stato di attuazione dei piani straordinari predisposti in attuazione della l. n. 289/2002. Va anche sottolineato che, in sede istruttoria, né il Mit, né la Conferenza unificata e il Cipe sono stati in grado di trasmettere l'elenco degli interventi originariamente previsti per il Terzo piano stralcio».
Anche sulle risorse si esprime una valutazione negativa, nel senso che non sono lontanamente adeguate al problema. A dirlo sono i numeri. Rispetto al fabbisogno prioritario indicato in 4 miliardi di euro (rispetto a un fabbisogno totale di 13 miliardi), «sono stati stanziati 193,88 milioni (pari al 4,84 per cento del fabbisogno) per il Primo programma stralcio, 295,2 milioni per il Secondo (corrispondenti al 7,38 per cento) e 111,8 milioni per il Terzo (pari al 2,8 per cento), per un totale complessivo, tenendo conto del piano di rimodulazione, di 600,88 milioni, corrispondenti al 15 per cento del fabbisogno originariamente stimato».

La nota positiva
A fronte di queste inefficienze, la Corte esprime invece apprezzamento per l'istituzione dell'Anagrafe dell'edilizia scolastica. «Va valutato positivamente - si legge nella relazione - l'avvio dell'Anagrafe degli edifici scolastici, dopo oltre venti anni dalla sua previsione normativa. Dall'analisi dei dati disponibili, riferiti all'anno scolastico 2017-2018, un numero pari a 17.160 edifici (pari al 43 per cento) risultava essere in zona sismica 1 e 2 (cioè dove possono verificarsi terremoti, rispettivamente fortissimi e forti), oltre il 50 per cento di questi edifici risale a prima dell'entrata in vigore della normativa antisismica (1976) e solo il 21 per cento delle scuole presenti in queste aree risulta progettato o adeguato alla normativa tecnica di costruzione antisismica. Dall'anagrafe è peraltro possibile verificare che, complessivamente, il patrimonio edilizio scolastico risulta di bassa qualità, con carenze significative di vario tipo, dalla messa in sicurezza antisismica, all'acquisizione del certificato di idoneità statica, di agibilità e di prevenzione incendi come previsto dalla normativa».
I magistrati contabili concludono con un monito: «Tale circostanza deve essere vista, per ovvie ragioni, con forte preoccupazione e, tenendo conto della più recente giurisprudenza in materia penale, che ha affermato la categorica impossibilità di utilizzare gli istituti non a norma, può determinare rilevanti rischi per l'organizzazione dell'attività didattica».

La delibera della Corte dei conti - sezione centrale - n. 18/2018

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