Appalti

Ponte Morandi, le raccomandazioni inascoltate della Cesi

Anche dopo lo studio del 2016, che ha sollevato tutte le gravi insufficienze strutturali dei piloni 9 e 10 del viadotto Polcevera di Genova, la società di consulenza Cesi ha continuato a inviare ad Autostrade spa (Aspi) “Raccomandazioni” per compiere assidui monitoraggi con l’uso dei sensori. La società del gruppo Atlantia, dunque, è stata sollecitata a svolgere controlli. Non solo: un nuovo studio, questa volta del 2017, fa il suo ingresso nell’inchiesta sulla strage del 14 agosto. Si tratta di un inedito elaborato tecnico della società Edin Ingegneria, che sul ponte Morandi ha svolto lavori di “riabilitazione”.

L’indagine
Si tratta di materiale trovato e sequestrato lunedì dal primo gruppo della Guardia di finanza di Genova, al comando del colonnello Ivan Bixio. Documenti investigativi che potrebbero contribuire a formare la chiave di volta di questa maxi indagine, coordinata dal procuratore ligure Francesco Cozzi, che punta a presunte responsabilità dei vertici di Aspi e del ministero delle Infrastrutture, per la morte di 43 persone. Allo stato l’inchiesta conta una ventina di indagati. Si tratta di iscrizioni “preliminari”, rivela a denti stretti un investigatore, in quanto l’analisi degli scambi di sms e email tra dirigenti e manager potrebbe riservare delle sorprese, facendo inevitabilmente lievitare il numero di indagati, che andrebbero a rispondere dei reati di disastro colposo, omicidio stradale plurimo colposo e omicidio stradale aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica. Ma andiamo con ordine, in quanto le perquisizioni di lunedì scorso hanno fornito del materiale interessante.

Le carenze
Il capitolo relativo alla Cesi è quello più delicato: l’azienda ha svolto uno studio sul Morandi, portando alla luce tutte le gravi carenze degli stralli. Come risulta dalle perquisizioni, inoltre, ha anche continuato a inviare “Raccomandazioni” ad Autostrade, sollecitando lo svolgimento di controlli. Tuttavia la società è finita in un giallo tutto da chiarire. La notte tra il 14 e il 15 agosto - mentre si contavano le vittime - dalla posta elettronica aziendale del geometra Enrico Valeri, responsabile del coordinamento della viabilità di Autostrade, parte una email all’account manager di Cesi Chiara Munari, in cui si chiede l’invio dello studio del 2016 sul ponte Morandi.
La risposta della Munari ha sollevato le perplessità degli investigatori, in quanto la donna si è assunta la responsabilità di scrivere – senza aver preventivamente avvertito i top manager aziendali – che il crollo del Morandi è dovuto «a un vizio progettuale originario», risalente dunque alla costruzione avvenuta tra il 1963 e il 1967. Interrogata dai magistrati la Munari non ha saputo dare adeguate spiegazioni, al punto che la stessa Cesi l’ha rimossa dall’incarico assieme al suo superiore, Domenico Andreis.

In procura
In Procura le bocche sono serrate, ma trapela che l’iscrizione al registro degli indagati della Munari sarebbe una questione di ore. Sullo sfondo, infatti, si ipotizza un presunto tentativo di “manipolare” i report così da dirottare la responsabilità del crollo su cause estranee ad Autostrade. Per questo nel pomeriggio di ieri la Guardia di finanza è tornata nella sede milanese di Cesi, per acquisire altri documenti che potrebbero confermare quella che, allo stato, è una ipotesi.
Altri spunti potrebbero giungere dall’analisi dei telefoni cellulari della Munari, dai quali gli investigatori contano di estrapolare tutti i contatti precedenti a quello scambio di email notturno con il geometra di Aspi Valeri.

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