Appalti

Genova, 360 milioni statali a garanzia del Ponte

Vale 360 milioni la garanzia pubblica per la ricostruzione del ponte di Genova, nel caso in cui Autostrade dovesse rifiutarsi di pagare. Il testo del “decreto emergenze” - bollinato ieri dalla Ragioneria generale dello Stato e inviato al Quirinale nella versione definitiva soltanto in serata - fa chiarezza su costi e coperture per i lavori del viadotto. Un nodo risolto dopo una faticosa interlocuzione tra i ministeri competenti e i tecnici del Mef, che si erano visti trasmettere a inizio settimana un testo sostanzialmente incompleto di cifre.

Il risultato, a 45 giorni dalla tragedia, è un provvedimento lievitato che vale oltre 645 milioni. Il testo era entrato al Consiglio dei ministri il 13 settembre con 17 articoli, ne è uscito «salvo intese» con 38, per poi crescere a 46 nelle bozze successive e raggiungere i 47 nella versione arrivata al Colle, finalmente comprensiva di una «norma di copertura» che, ricostruzione a parte, elenca le coperture per 285 milioni di costi fino al 2022.

Soltanto nelle ultime concitate ore prima del visto del Mef si è accettato di mettere nero su bianco il “piano B” che scatterebbe se Autostrade, definita «responsabile dell’evento», omettesse di versare le somme necessarie per la ricostruzione nei 30 giorni dalla richiesta del commissario straordinario. Un’eventualità tutt’altro che remota, visto l’alto rischio ricorsi. Come rivelato nei giorni scorsi dal Sole 24 Ore, la strada indicata nel Dl prevede che il commissario individui un soggetto pubblico o privato che anticipi i fondi a fronte della cessione pro solvendo della pertinente quota dei crediti dello Stato nei confronti del concessionario alla data dell’evento. A garanzia dell’immediata attivazione di questo meccanismo il Dl autorizza la spesa di 30 milioni annui per 12 anni, dal 2018 al 2029, a valere sul Fondo infrastrutture. Per evitare un impatto negativo sui saldi di finanza pubblica si prevede il ricorso al Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente per 80 milioni nel primo triennio, 150 nel triennio successivo e 30 nel 2024.

Tra le novità dell’ultim’ora ci sono tanti ritocchi al ribasso, tra cui la previsione di 250 assunzioni negli enti locali contro le 500 delle prime bozze; un tetto di 5 milioni di euro per sostenere le imprese danneggiate (ciascuna potrà chiedere una somma fino al 100% del decremento di fatturato, nel limite massimo di 200mila euro); risorse minori per ristorare gli autotrasportatori. Confermata la reintroduzione della Cigs per cessazione di attività per un massimo di 12 mesi per il 2019-2020. Niente da fare, invece, per i 791 milioni destinati al Terzo Valico e cancellati in attesa dell’analisi costi-benefici sulle grandi opere.

Severo il giudizio del governatore ligure Giovanni Toti (Fi): «L’impianto del decreto si presta a una grande confusione di ricorsi e non predilige la velocità di realizzazione». Il vaglio da parte dei tecnici del Quirinale è cominciato subito. Nel mirino sono finite due norme estranee per materia, destinate quasi certamente allo stralcio: l’articolo 41 sulla gestione dei fanghi di depurazione e l’articolo 45, introdotto in extremis, che definisce requisiti per i commissari ad acta nelle Regioni in piano di rientro dal disavanzo della spesa sanitaria. Dubbi fino alla fine anche sulle coperture per l’istituzione della zona logistica semplificata Porto e Retroporto di Genova. La firma del presidente Mattarella è attesa per oggi. Lunedì 22 ottobre comincerà l’iter del Dl alla Camera. Ma prima, entro dieci giorni, dovrà avvenire il passaggio chiave: la nomina del commissario straordinario.

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