Appalti

La pubblicazione sul sito degli atti di gara vale come pubblicità legale

di Amedeo Di Filippo

La pubblicazione sul profilo del committente e nella sezione «Amministrazione trasparente» degli atti concernenti una procedura di gara è idonea a determinarne la conoscenza legale, con ogni conseguenza anche rispetto all'osservanza dei termini di impugnazione. Lo afferma la terza sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 5766/2018.

Il fatto
La vicenda ha per protagonista un operatore economico non invitato alla gara per l'affidamento di un servizio che lamentava l'omessa attuazione degli specifici oneri pubblicitari prescritti dall'articolo 32, comma 7, della legge 69/2009, che mantiene la pubblicità sulla Gazzetta dell'Ue e in quella italiana nonché nel sito informatico del Mit e dell'Osservatorio dei contratti pubblici, e dall'articolo 3 del decreto del Mit 2 dicembre 2016 che tratta della pubblicazione sui quotidiani. La sola pubblicazione sul profilo del committente e nella sezione «Amministrazione trasparente» non sarebbe stata idonea a determinare la conoscenza legale dell'atto pubblicato, con ogni conseguenza anche rispetto all'osservanza dei termini di impugnazione. Sull'articolo 32, inoltre rileva, prevale l'articolo 120 del codice del processo amministrativo nella parte in cui disciplina i termini di impugnazione degli atti delle procedure negoziate senza pubblicazione di bando.

Il requisito della pubblicità
Il Tar Lazio ha giudicato il ricorso manifestamente irricevibile, ritenendo che la pubblicità sull'albo pretorio online, in assenza di un obbligo di notificazione individuale, soddisfa il requisito di pubblicità legale posto dall'articlo 32, comma 1, della legge 69/2009. Tesi condivisa dai giudici di Palazzo Spada, che respingono l'appello facendo leva proprio sull'articolo 32, secondo cui gli obblighi di pubblicazione aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei siti informatici, non più con la forma cartacea, salvo la possibilità per le amministrazioni di effettuare quest'ultima in via integrativa a scopo di maggiore diffusione.
Le modalità di pubblicazione sono state definite dal Dpcm 26 aprile 2011, che obbliga alla pubblicazione sul profilo del committente in una apposita sezione dedicata, denominata «Bandi di gara», direttamente raggiungibile dalla home page. Quindi questo tipo di pubblicità è finalizzato ad assicurare presunzione di conoscenza degli atti pubblicati e a produrre gli effetti giuridici cui è preordinata; esso comporta, di conseguenza, il decorrere dei termini per la partecipazione alla gara ovvero per l'impugnazione degli atti della procedura.

I termini di impugnazione
Nemmeno si può ritenere che la più recente versione dell'articolo 29 del Dlgs 33/2017, nella parte in cui prevede la pubblicazione degli atti nella sezione «Amministrazione trasparente» quale momento di decorrenza dei «termini cui sono collegati gli effetti giuridici della pubblicazione», contraddica l'effetto di conoscenza legale già derivante dall'applicazione dell'articolo 32 e del Dpcm.
Né vale il richiamo all'ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 120 del codiece del processo amministrativo il quale, nel fissare un termine più ampio entro il quale può essere contestato un affidamento di cui sia mancata la pubblicità del bando, è destinato a operare in presenza di situazioni caratterizzate dalla totale omissione delle regole di pubblicità, riconducibili ad un affidamento diretto senza alcuna selezione comparativa. Si tratta, dunque, di una disposizione di chiusura per i casi in cui sia mancata una qualsivoglia forma di pubblicità della selezione.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 5766/2018

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