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Terzi danneggiati dalla Scia, la Pa può solo verificare il titolo

I soggetti che si ritengono lesi da un’attività avviata con una Scia possono sollecitare la Pa a verificare l’esistenza dei presupposti di legittimità della Scia (segnalazione certificata di inizio attività), ma non possono chiedere un controllo generalizzato che tocchi anche i profili “civilistici”: non possono cioè contestare violazioni, di norme che garantiscono diritti soggettivi. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5115/2018.

La pronuncia si pone nel solco della giurisprudenza volta a definire i poteri che possono essere attivati da chi si ritiene pregiudicato dall'attività edilizia posta in essere con la presentazione di una Scia.
È una delle questioni più dibattute, tanto da richiedere l'intervento dell’adunanza plenaria (sentenza 15/2011) e del legislatore che, con il Dl 138/2011 ha chiarito la natura della Scia e indicato i poteri dei terzi prevedendo che la Scia (come la Dia) «non costituiscano provvedimenti taciti direttamente impugnabili». Gli interessati possono solo sollecitare verifiche da parte della Pa e, in caso di inerzia, agire contro il silenzio della Pa.

Ma cosa può chiedere il terzo? Quale può essere l’oggetto della diffida che precede l’ (eventuale) giudizio avverso il silenzio? Con la pronuncia in esame, il Consiglio di Stato ribadisce che i terzi possono richiedere unicamente la verifica della «legittimità» della Scia in relazione alle norme di diritto pubblico e non già a norme civilistiche o di regolamenti tra le parti. Il presupposto da cui partono i giudici di Palazzo Spada è che il potere del terzo di richiedere l’attivazione dei poteri di controllo sussiste solo in relazione a violazioni di norme che comportano la lesione di un interesse legittimo.

Non potranno, invece, essere richieste verifiche su (eventuali) violazioni di norme “civilistiche” o relative a regolamentazione di rapporti tra privati, perché in tal caso, si configurerebbe la richiesta di una tutela di un diritto soggettivo.
Per esempio: il terzo potrà richiedere alla Pa di verificare se chi ha presentato la Scia sia titolare di un diritto (di proprietà, locazione, superficie ecc.) sull’area di intervento, in quanto la sussistenza di una relazione qualificata tra soggetto e bene oggetto dell’intervento è uno dei requisiti di legge per la presentazione della Scia, ma non potrà richiedere di verificare se l’attività contrasti con alcune limitazioni contenute nel contratto costitutivo del diritto (ad esempio di locazione) esercitato da chi ha presentato la Scia.
Per violazione di questa natura, il terzo dovrà rivolgersi - in presenza dei presupposti - al giudice ordinario, attivando i meccanismi contrattuali o, ad esempio, quelli predisposti dal Codice civile. Pertanto, come chiarito dal Consiglio di Stato, il privato può richiedere, nei limiti del suo interesse ad agire, solo la verifica obiettiva della compatibilità di quanto si intende realizzare con la disciplina urbanistica ed edilizia applicabile al caso di specie.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 5115/2018

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