Appalti

Con riferimento alla «Cila» l'Amministrazione ha solo un potere sanzionatorio

di Esper Tedeschi

Nel quadro dell’attività edilizia privata, la Cila (Comunicazione di inizio lavori asseverata), contemplata dall’articolo 6 bis, Dpr 6 giugno 2001, n. 380 (Tu dell’edilizia), si configura alla stregua di un istituto di liberalizzazione delle iniziative edilizie dei privati (in posizione intermedia tra l’attività edilizia libera e le attività assoggettate a Scia), rispetto alle quali l’ordinamento non attribuisce, all’Amministrazione comunale, alcun potere di controllo sistematico e formale, assoggettato a tempistiche perentorie, bensì, esclusivamente, un potere meramente sanzionatorio. Conseguentemente, deve ritenersi nullo il provvedimento con il quale l’Amministrazione comunale dichiara inammissibile una Cila avente ad oggetto interventi di manutenzione straordinaria di un manufatto (salvo, comunque, il potere di controllo sulla conformità della costruzione interessata dall’intervento alle prescrizioni vigenti in materia urbanistico-edilizia).
È quanto afferma il Tar Calabria, Catanzaro, Sezione II, con la sentenza 29 novembre 2018, n. 2052.

Il caso
Nella controversia decisa con la sentenza annotata, il Tar della Calabria si è trovato ad esaminare un provvedimento comunale avente ad oggetto il rigetto della comunicazione di inizio di lavori asseverata (Cila) riguardante lavori di manutenzione straordinaria di un preesistente fabbricato,  adottato sul presupposto espresso della ritenuta natura abusiva del manufatto oggetto della manutenzione, collocato in area retrostante un palazzo assoggettato a vincolo storico (senza che, all’atto dell’imposizione del vincolo, esso risultasse già presente sul territorio).
Il ricorrente, proprietario dell’immobile asseritamente abusivo, ha impugnato il provvedimento di rigetto, richiedendone la declaratoria di nullità, in quanto espressione di un potere non tipizzato dall’articolo 6 bis, Dpr 6 giugno 2001, n. 380; ha, altresì, richiesto al Tar l’accertamento della natura non abusiva del fabbricato, interessato dalla manutenzione.
Il Tar ha accolto la domanda volta alla declaratoria di nullità del rigetto: fra due tesi, quella della natura provvedimentale dell’atto, pure in assenza di un potere legislativamente tipizzato e l’altra (propugnata da una parte della giurisprudenza amministrativa, fra cui segnatamente, Tar Firenze, Sezione III, n. 20 settembre 2016, n. 1625), secondo cui il rigetto della Cila sarebbe privo di natura provvedimentale risolvendosi in una mera informazione,  è stata ritenuta preferibile la prima, in quanto la sola idonea a eliminare, in radice (con la sostanziale rimozione del provvedimento nullo,) la «zona grigia di ambiguità tra privato e Pa» venutasi a determinare, con l’atto impugnato, nella relazione privato/pubblica amministrazione.
Di contro, ha osservato il Tar Catanzaro, la liberalizzazione disegnata dell’articolo 6 bis, Dpr n. 380 del 2001, lascia inalterati i poteri di valutazione della regolarità della costruzione oggetto di manutenzione, rientranti nella sfera di discrezionalità dell’Amministrazione comunale, per avversare i quali non è data, all’amministrato, un’azione di mero accertamento davanti al Giudice amministrativo.

L’attività edilizia libera, nell’assetto dei titoli edilizi contemplati dal Dpr n. 380 del 2001
Come è noto, il Dlgs 25 novembre 2016, n. 222 ha ridisegnato, nel sistema dell’attività edilizia, l’attività libera dei privati, che, nell’ottica dell’originario impianto del Tu sull’edilizia, di cui al Dpr 6 giugno 2001, n. 380, appariva del tutto marginale e ad impatto zero sul territorio e sull’assetto complessivo degli interessi urbanistico-edilizi. Invero, dalla prima stesura del Tu alla emanazione del Dlgs n. 222 del 2016 si è verificato un percorso di evoluzione dell’ideale normativo nel senso di una crescente propensione verso un’attività edilizia ‘libera’, non più del tutto marginale e ad impatto zero, ma, al contrario, articolata in varie tipologie, per nulla neutrali (salvo alcune) nell’assetto urbanistico-edilizio del territorio.
Il tracciato di questo percorso è lucidamente ricostruito nel parere n. 1784 del 4 agosto 2016, reso dal Consiglio di Stato sullo schema di decreto sfociato poi nel Dlgs n. 222 del 2016, dal quale trae ispirazione la sentenza annotata; ed è ivi anche evidenziato come, in un primo tempo, tutte le attività edilizie (a parte quelle totalmente ‘libere’ e marginali) appaiono variamente assoggettate, comunque, a poteri di controllo repressivo, inibitorio e conformativo (e non soltanto, sanzionatorio), da parte dell’Autorità comunale territorialmente competente.
È stato evidenziato, nel citato parere, che ciò deve ritenersi valido, anche, in mancanza di specifiche statuizioni, per la Cil, ovvero la comunicazione di inizio lavori introdotta dal Dl 25 marzo 2010, n. 40 (convertito con modificazioni dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, il cui articolo 5, ha sostituito l’articolo 6 del Tu edilizia), rafforzata, nel caso di interventi di manutenzione straordinaria, mediante una relazione tecnica provvista di data certa e corredata degli opportuni elaborati progettuali, a firma di un tecnico abilitato, che - dichiarato preliminarmente di non avere rapporti di dipendenza con l’impresa né con il committente - asseverasse, sotto la propria responsabilità, la conformità dei lavori agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti e la mancanza di previsione, per essi, del rilascio di un apposito titolo abilitativo, nella  normativa statale e regionale.
Il Dlgs 25 novembre 2016, n. 222 ha rivoluzionato il complicatissimo quadro delle tipologie abilitative degli interventi (articolate in sette differenti ipotesi previste in ambito nazionale alle quali andavano ad aggiungersi altre classificazioni fornite in sede regionale), mediante l’introduzione di  misure di semplificazione (che nel parere citato, il Consiglio di Stato definisce prevalentemente terminologiche), che hanno anche determinato una notevole contrazione delle  tipologie di intervento costruttivo.
In tale quadro, alla soppressione della Cil e alla introduzione della Cila, (con il nuovo articolo 6 bis del Tu) deve essere riconosciuta una notevole portata sostanziale, individuabile, fra l’altro, proprio dalla differente natura dei poteri che il legislatore nazionale ha accordato all’Amministrazione comunale.
Osservava l’Autorità consultiva che, in tema di Cila, l’articolo 3 dello schema di decreto prevedeva esclusivamente, che «La mancata comunicazione asseverata dell'inizio dei lavori comporta la sanzione pecuniaria pari a 1.000 euro. Tale sanzione è ridotta di due terzi se la comunicazione è effettuata spontaneamente quando l'intervento è in corso di esecuzione».
La disposizione è rimasta invariata nel testo dell’articolo 6 bis, comma 5,  Tu, e, posta in relazione a quanto, invece, previsto, per la Scia, dall’articolo 19, comma 3, della legge n. 241, (secondo cui l’amministrazione «adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa»), evidenzia, in tutta chiarezza, la volontà normativa di tenere fuori dal potere repressivo, inibitorio e conformativo della Pa, gli interventi eseguibili previa Cila, permanendo, al riguardo, esclusivamente, un potere sanzionatorio.

Conclusioni
Così individuato il dato normativo che segna il differente atteggiarsi dei poteri dell’Amministrazione comunale, può concludersi, con il Consiglio di Stato (e coerentemente con la sentenza annotata), che «In sostanza, l’attività assoggettata a Cila non solo è libera, come nei casi di Scia, ma, a differenza di quest’ultima, non è sottoposta a un controllo sistematico, da espletare sulla base di procedimenti formali e di tempistiche perentorie, ma deve essere ‘soltanto’ conosciuta dall’Amministrazione, affinché essa possa verificare che, effettivamente, le opere progettate importino un impatto modesto sul territorio» (Consiglio di Stato, paragr. 55.2. ultimo inciso, parere n. 1784 del 2016 citato).

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