Appalti

Speciale manovra/5 - Piano extra di investimenti da 18 miliardi: tagli del 12%

Lo spostamento di risorse dalla spesa per investimenti pubblici alla spesa pubblica corrente è sempre una pessima notizia per la crescita ed è il male che ha devastato l’economia italiana negli ultimi quindici anni a dispetto delle tante promesse di spending review. Nulla di nuovo, quindi, quando mercoledì il governo ha chiuso l’accordo con Bruxelles proponendo un taglio, politicamente facile da percorrere, di 2,25 miliardi agli investimenti (rimodulazione di fondi Fs per 600 milioni, di cofinanziamenti a fondi strutturali Ue per 850 milioni e al Fondo sviluppo ecoesione per 850 milioni) cui si aggiungono fondi accantonati del ministero delle Infrastrutture per 300 milioni (cui si potrebbero aggiungere varie altre voci di spese in conto capitale non facilmente identificabili di altri ministeri). Una frenata fatta a costo di rimangiarsi tre mesi di tambureggiante campagna sul rilancio della crescita sostenuto dal rilancio degli investimenti pubblici.

Oltre gli slogan di una parte e dell’altra, però, bisogna capire qual è il saldo della manovra sugli investimenti. E non c’è dubbio che, in termini di risorse, sia un saldo ancora largamente positivo. Oltre ai 15 miliardi aggiuntivi in tre anni (5 nel 2019) destinati al nuovo fondo del Mef per gli investimenti si aggiungono infatti i piani straordinari, bisogna tenere conto del piano anti-dissesto idrogeologico (2,6 miliardi nel 2019, 3,7 nel 2020, 4,2 nel 2021). Qui si mescolano risorse vecchie e nuove, come anche nel piano straordinario di manutenzione strade che vale 1,1 miliardi nel 2019. L’Ance stima che fossero cifre largamente presenti nei saldi, nulla di nuovo.

Sul fronte delle riduzioni introdotte nell’accordo con la Ue bisognerebbe stimare però l’effetto concreto. Nel caso delle Fs, per esempio, il gruppo ferroviario stima di non subire alcun effetto perché al buco aperto dalla rimodulazione nel tempo dei fondi le Fs rimediano in autofinanziamento (o con mutui Bei). Si aggiunga che 600 milioni pesano su un contratto di programma 2017-2021 che ha finanziamenti per 53,6 miliardi (sui fondi per il Sud si veda l’articolo in basso).

Il bilancio resta quindi positivo in termini di risorse. Ma bisogna ricordare che già con i governi Pd le risorse stanziate sono cresciute ma non si è riusciti a spenderle. Qui è il nodo: riuscire ad aprire i cantieri è molto complicato e non saranno nuove cabine di regia a sbloccare. Anche il tira e molla sulla riforma del codice appalti parla di idee non proprio chiarissime. Rispetto al passato, poi, questo governo ha un handicap in più: le analisi costi-benefici su tutte le grandi opere fa perdere tempo quando bisognerebbe correre. Sembra un tempo breve ma tenere ferme le opere anche solo sei mesi (come è successo con il Terzo valico) per poi magari liberarla con integrazioni progettuali, ha un effetto devastante nel breve periodo di una nno. Il fattore tempo non è chiaro spesso ai governi. Basta perdere quattro mesi a inizio anno per rinviare pezzi robusti di spesa vera all’anno successisvo. Ecco la vera sfida, non quella dei numeri.

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