Appalti

Vietato l'accesso civico generalizzato agli atti di gara - Il Consiglio di Stato cambia parere

di Amedeo Di FIlippo

La legge propende per l'esclusione assoluta della disciplina dell'accesso civico generalizzato in riferimento agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici. Dopo numerose pronunce di opposto tenore, la quinta sezione del Consiglio di Stato prende posizione con la sentenza n. 5503/2019, le cui conclusioni sono però diametralmente opposte rispetto a quelle formulate a giugno dalla terza sezione con la sentenza n. 3780.

Il caso
Il Tar Toscana ha accolto il ricorso avverso il diniego opposto da un Comune all'ostensione della documentazione inerente l'esecuzione di un servizio in quanto, pur applicandosi ai contratti d'appalto l'articolo 53 del Dlgs 50/2016, la materia degli appalti pubblici non sarebbe esclusa dall'ambito di applicazione dell'articolo 5 del Dlgs 33/2013 in quanto il successivo articolo 5-bis elenca in modo tassativo gli ambiti sottratti alla regola generale della trasparenza senza contemplare fra le materie escluse quella degli appalti pubblici.
La quinta sezione del Consiglio di Stato ha espresso un diverso avviso e ha ritenuto fondato il motivo di appello. I giudici hanno premesso che l'accesso ai documenti amministrativi è regolato da tre diversi sistemi, ciascuno caratterizzato da propri presupposti, limiti ed eccezioni: l'accesso documentale, l'accesso civico e l'accesso civico generalizzato. Ciascun istituto è pari ordinato rispetto all'altro e opera nel proprio ambito, sicché non vi è assorbimento dell'una fattispecie in un'altra; e nemmeno opera il principio dell'abrogazione tacita o implicita a opera della disposizione successiva nel tempo, tale che l'uno sostituisca l'altro. La diretta conseguenza è che nel caso in cui l'opzione dell'istante sia espressa per un determinato modello, resta precluso qualificare diversamente l'istanza stessa al fine di individuare la disciplina applicabile.

La questione
La questione è se l'articolo 53 del codice degli appalti, che tratta dell'accesso agli atti, escluda l'applicabilità dell'accesso civico, posto che la giurisprudenza dei Tar si è sul punto divisa. Per dare risposta, la quinta sezione legge l'articolo 5-bis del Dlgs 33/2013 nella sua interezza e non solo per quanto previsto dal comma 3: i primi due commi si occupano dei limiti legali all'accesso civico generalizzato, che operano nel presupposto della legittimazione soggettiva generalizzata, quindi data a «chiunque», senza dover dimostrare la titolarità di una determinata situazione soggettiva.
Il comma 3 si distingue dai commi 1 e 2 perché fissa, non i limiti relativi all'accesso generalizzato consentito a chiunque, bensì le eccezioni assolute, a fronte delle quali la trasparenza recede, tra le quali i casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti. Eccezione che i giudici di Palazzo Spada ritengono riferita a tutte le ipotesi in cui vi sia una disciplina vigente che regoli specificamente il diritto di accesso, in riferimento a determinati ambiti o materie o situazioni.

L'indirizzo della terza sezione
Le conclusioni cui perviene la quinta sezione sono diametralmente opposte a quelle cui è giunta la terza con la sentenza n. 3780/2019, che ha escluso la possibilità di riferire il comma 3 ad intere «materie» sostenendo che, diversamente interpretando, significherebbe escludere l'intera materia relativa ai contratti pubblici da una disciplina, qual è quella dell'accesso civico generalizzato, che mira a garantire il rispetto di un principio fondamentale, il principio di trasparenza ricavabile direttamente dalla Costituzione. Il Dlgs 97/2016, che ha introdotto l'accesso civico ispirandosi al «Freedom of information act» (Foia) riconoscendolo a ogni cittadino, ha proprio l'obiettivo di favorire forme diffuse di controllo nel perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche, promuovendo così la partecipazione al dibattito pubblico.
La terza sezione evidenzia che una interpretazione conforme ai canoni dell'articolo 97 della Costituzione deve valorizzare l'impatto «orizzontale» dell'accesso civico, non limitabile da norme preesistenti (e non coordinate con il nuovo istituto), ma soltanto dalle prescrizioni «speciali» e interpretabili restrittivamente, che la stessa nuova normativa ha introdotto al suo interno.

Il no all'accesso civico generalizzato della quinta sezione
L'impostazione della terza sezione è dunque di tutt'altra natura rispetto alla quinta, che insiste sul fatto che le eccezioni assolute della disciplina dell'accesso civico generalizzato prescindono dalla riferibilità a determinati settori o materie altrimenti disciplinati dall'ordinamento e che questa modalità di accesso non possa ritenersi prevalente rispetto alle altre.
Insiste poi nel ritenere che il legislatore ben avrebbe potuto inserire l'accesso civico nel codice dei contratti col «correttivo» del 2017; che si tratta di atti formati e depositati nell'ambito di procedimenti interamente assoggettati a una disciplina speciale e a sé stante che peraltro attua specifiche direttive europee di settore, le quali si preoccupano già di assicurare la trasparenza e la pubblicità negli affidamenti pubblici; che il perseguimento di buona parte delle finalità di rilevanza pubblicistica poste a fondamento della disciplina in tema di accesso civico generalizzato è assicurato, nel settore dei contratti pubblici, da altri mezzi, quali i compiti di vigilanza e controllo attribuiti all'Anac o l'accesso civico «semplice».

La sentenza del Consiglio di Stato n. 5503/2019

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