Appalti

Informazioni antimafia ad ampio spettro, soggette anche le Scia

di Amedeo Di Filippo

Le informazioni antimafia si applicano anche ai provvedimenti autorizzatori e alle attività soggette a Scia. È quanto ha ribadito la terza sezione de Consiglio di Stato con la sentenza n. 6057/2019.

La Scia
È in causa l'impugnativa di alcuni provvedimenti con i quali un Comune ha disposto la revoca di alcune segnalazioni certificate di inizio attività (Scia), con contestuale chiusura di strutture alberghiere, a seguito dell'emissione da parte della prefettura di misure interdittive antimafia. Il Tar ha respinto il ricorso ed è stato proposto appello, dichiarato ora infondato dalla terza sezione del Consiglio di Stato.
Il punto centrale esaminato dai giudici di Palazzo Spada è la sottoposizione delle attività oggetto di Scia alla normativa antimafia. Ricordano a questo proposito l'articolo 89, comma 2, del Dlgs 159/2011 (Codice antimafia), la cui lettera a) dispone che l'autocertificazione, da parte dell'interessato, che nei propri confronti non sussistono cause di divieto, di decadenza o di sospensione riguarda anche «attività private, sottoposte a regime autorizzatorio, che possono essere intraprese su segnalazione certificata di inizio attività da parte del privato alla pubblica amministrazione».

Il ruolo del Comune
È lo stesso tenore letterale del dettato normativo che dunque non esclude le attività soggette a Scia dai controlli antimafia, per cui il Comune può – anzi deve, sottolinea la sezione – verificare che l'autocertificazione dica il vero e richiedere al prefetto di emettere una comunicazione antimafia liberatoria o, come nel caso di specie, revocare la segnalazione in presenza di una informazione comunicatagli o acquisita dal prefetto.
Il combinato disposto degli articoli 67, 84, comma 2, 88, comma 2, 89, comma 2, lettera a), e 89-bis del Codice antimafia consente al Comune, che acquisisca dal prefetto notizia di una informazione antimafia adottata a carico di un soggetto in luogo della semplice comunicazione, di revocare immediatamente la Scia o comunque di inibire l'attività, oggetto di segnalazione, al di là dei limiti e delle condizioni fissate dall'articolo 19 della legge 241/1990. Il prefetto può, in base all'articolo 89-bis del Codice, emettere un'informazione antimafia in luogo della comunicazione liberatoria richiesta dal Comune laddove accerti la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa nell'impresa, anche quando la richiesta sia effettuata in ipotesi di Scia e/o durante i controlli che concernono le attività soggette.

Le valutazioni
La natura vincolata della revoca della Scia esclude qualsiasi contrasto interpretativo con la natura privatistica dell'attività, in quanto questa, sebbene orientata al principio della liberalizzazione, non è esente dai controlli e verifiche previste dall'articolo 19 della legge 241/1990. A maggior ragione questo vale per l'applicazione della normativa antimafia, a causa delle irrinunciabili esigenze di ordine pubblica e tutela preventiva che ne stanno a fondamento e che sono derogatorie rispetto alle stesse previsioni dell'articolo 19, con la conseguenza che il Comune può e deve inibire l'esercizio dell'attività oggetto di Scia in presenza di provvedimento interdittivo. Il Codice, così come interpretato dalla Corte costituzionale, riconosce all'amministrazione dell'interno un ampio potere di apprezzamento delle singole situazioni, anche ricorrendo ai controlli presso le banche dati, emettendo informative antimafia non solo nelle ipotesi in cui dalle verifiche dell'articolo 88, comma 2, emerga la sussistenza di cause di decadenza, sospensione o divieto, ma anche qualora sussistano motivi ostativi in base all'articolo 67.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 6057/2019

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©