Appalti

Illegittimo il cambio di destinazione d'uso da negozio a luogo di culto per l'«aggravio del carico urbanistico»

di Alberto Ceste

Il mutamento di destinazione d'uso di un immobile, da negozio a luogo di culto, con un significativo aggravio di carico urbanistico, realizzato da parte di un'Associazione di promozione sociale, conduttrice del medesimo senza essere munita del preventivo permesso di costruire, è illegittimo, sebbene non siano state effettuate opere edilizie.
Di conseguenza, ai sensi del combinato disposto degli articoli 31 e 32, comma 1, Dpr n. 380/2001 (Tue), 71, comma 1, del Dlgs n. 117/2017 (Codice del Terzo settore) già articolo 32, comma 4, della legge n.383/2000 (Disciplina delle associazioni di promozione sociale), e 52, comma 3 bis, della legge Regione Lombardia n. 12/2005 (Legge per il governo del territorio) essendo il fatto accaduto in tale Regione, l'ordinanza comunale di rimessione in pristino dell'immobile in questione è legittima.
A nulla rileva, in senso contrario, la circostanza che l'unità immobiliare fosse munita di un regolare permesso di costruire per la destinazione d'uso commerciale.
Lo ha deciso il Tar Lombardia - Milano, Sezione Il, con la sentenza n. 2053 depositata il 30 settembre 2019.

Il caso
Il ricorrente, proprietario locatore dell'immobile, ha chiesto l'annullamento dell'ordinanza comunale sopra menzionata, adottata sulla base degli accertamenti effettuati dalla Polizia municipale, dai tecnici comunali e dall'Asl, dai quali è emerso che all'immobile era stata cambiata la destinazione d'uso da parte del cointeressato intervenuto in giudizio, Ente del Terzo settore, conduttore dell'immobile, senza richiedere alcun permesso di costruire.
L'immobile, infatti, era utilizzato come luogo di preghiera dall'alba sino a tarda sera, con arredi sacri e, in alcuni giorni, in occasione di particolari ricorrenze, con un numero di circa 70/80 persone, che lo sovraffollavano.

I motivi di ricorso
Il ricorrente ha articolato le seguenti censure:
- violazione e falsa applicazione dell'articolo 32, comma 1, del Tue, poiché l'uso difforme dell'immobile non si potrebbe dedurre dal solo fatto che al suo interno si sarebbe svolta attività di preghiera, senza però accertare se il medesimo fosse aperto al pubblico, sede di regolari pratiche religiose e con la presenza di un ministro di culto;
-violazione e falsa applicazione dell'articolo 31 del Tue, che non dovrebbe poter trovare applicazione nel caso di specie, considerato che si tratterebbe di «opere eseguite in assenza di permesso di costruire o in totale difformità, ma solo di una variazione della destinazione d'uso di un fabbricato legittimamente realizzato».

La sentenza
ll Collegio, preso atto che, nelle more del giudizio, la Corte d'Appello ha dichiarato risolto il contratto di locazione dell'immobile oggetto della controversia per mutamento dell'uso in esso previsto, ha respinto il ricorso, osservando che non è ravvisabile alcun difetto d'istruttoria, tenuto conto che il ricorrente stesso ha ammesso che l'immobile è stato parzialmente utilizzato come luogo di culto e che la Polizia municipale, con atti fidefacienti fino a querela di falso, ha accertato la presenza nell'immobile di un numero rilevante di persone.
Il che, comportando un cambio d'uso connotato da un significativo aggravio del carico urbanistico e con un'evidente diversità funzionale tra le due categorie urbanistiche autonome poste in essere (in un primo tempo, quella propria dell'attività commerciale e poi quella relativa all'attività di culto), imponeva la richiesta e l'ottenimento di un preventivo permesso di costruire.
L'ottenimento da parte dell'Ente del Terzo settore di un nuovo ed apposito titolo edilizio è infatti imposto dall'articolo 71, comma 1, del Codice del Terzo settore (già articolo 32, comma 4, della legge n. 383/2000), onde consentire all'Amministrazione la necessaria verifica dell'«eventuale maggiore incidenza sotto il profilo urbanistico-edilizio del nuovo uso, ai fini del calcolo della differenza dei relativi oneri» e del rispetto di tutte le prescrizioni che rendano l'immobile idoneo in relazione al nuovo uso.
Inoltre l'articolo 32, comma 1, del Dpr n. 380/2001 ed il corrispettivo articolo 52, comma 3 bis, della legge Regione Lombardia n. 12/2005 qualificano come variazione essenziale, sanzionata con l'obbligo di demolizione e riduzione in pristino, qualsiasi mutamento di destinazione d'uso che, come nel caso analizzato, seppure non accompagnato dalla realizzazione di opere edilizie, implichi una variazione degli standard previsti dal Dm ministro dei Lavori pubblici n. 1444 del 2 aprile 1968.

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