Appalti

Contratti a prestazioni continuative, la proroga (e non il rinnovo) giustifica la revisione prezzi

di Michele Nico

La revisione prezzi, quale istituto obbligatorio nel previgente codice dei contratti e oggi rimesso all'apprezzamento discrezionale della stazione appaltante, ha lo scopo di evitare che le prestazioni derivanti dai contratti a prestazione periodica o continuativa possano subire un decremento qualitativo nel corso del tempo, a causa dell'eccessiva onerosità della prestazione. Con la sentenza n. 7077/2019, il Consiglio di Stato ha risolto la controversia relativa a un contratto di durata enunciando alcuni principi che evidenziano la perdurante validità della revisione prezzi, nonché i limiti di applicazione di questo istituto nell'ambito dell'autonomia negoziale tra la pubblica amministrazione e i soggetti terzi.

Il caso
Nel dicembre 1996 una società ha stipulato con un ateneo, al quale è subentrata dal 1999, per le strutture di propria pertinenza, l'azienda ospedaliera della zona, un contratto per la gestione e manutenzione degli impianti termici e di condizionamento.
Il contratto di durata triennale è stato dapprima rinnovato fino al 30 settembre 2004 e poi prolungato, con successivi atti, fino al 15 novembre 2012.
In quel contesto, l'impresa aveva richiesto all'azienda ospedaliera la revisione prezzi per i periodi eccedenti il termine del contratto originario, ma l'azienda aveva sempre respinto la richiesta, motivando il diniego sulla base di una previsione del capitolato, secondo cui «tutti i corrispettivi offerti si intendono fissi ed invariabili per tutta la durata dell'appalto. Non si farà luogo pertanto alla revisione prezzi».
A seguito di ricorso da parte dell'impresa, il Tar Lazio con la decisione n. 9518/2018 ha accolto solo in parte il gravame, riconoscendo il diritto alla revisione prezzi limitatamente al periodo in cui il rapporto contrattuale si era configurato quale proroga dell'accordo iniziale, e non nella diversa ipotesi di rinnovo con una rinegoziazione del contratto e del prezzo.

La sentenza
I giudici di Palazzo Spada hanno confermato la pronuncia di primo grado e hanno rigettato il ricorso dell'appellante, affermando alcuni principi chiave per l'interpretazione dell'articolo 115 del Dlgs 163/2006.
Secondo i giudici, il presupposto per l'applicazione della norma è che vi sia stata mera proroga e non un rinnovo del rapporto contrattuale, là dove l'una consiste nel solo effetto del differimento del termine finale del rapporto (che per il resto viene regolato dall'atto originario), mentre l'altro deriva da una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, che può concludersi con la conferma o con la modifica delle precedenti condizioni contrattuali.
Nel caso di rinegoziazione del rapporto, scrivono i giudici, «il diritto alla revisione non può configurarsi in quanto l'impresa che ha beneficiato di una speciale disposizione la quale prevede la possibilità di rinnovo del contratto senza gara a condizione di un prezzo concordato, non può poi anche pretendere di applicare allo stesso contratto il meccanismo della revisione dei prezzi».
Come si è detto, per un inquadramento della pronuncia occorre tenere presente che l'articolo 6, comma 4, della legge 537/1993, modificato dall'articolo 44 della legge 724/1994, prevedeva che tutti i contratti pubblici a esecuzione periodica o continuativa dovessero recare una clausola di revisione periodica del prezzo pattuito.
Questa disposizione è stata recepita nell'articolo 115 del Dlgs 163/2006, ma non anche nel vigente codice degli appalti, secondo cui la revisione del prezzo opera soltanto se prevista dai documenti di gara (articolo 106 del Dlgs 50/2016).
Tutto questo non esclude che, ove la stazione appaltante abbia previsto con propria autonoma decisione di includere la clausola di revisione prezzi, l'ente dovrà considerare attentamente le finalità dell'istituto, che conserva la sua validità ogniqualvolta si tratti di salvaguardare l'interesse pubblico.
L'azione amministrativa dovrà fare in modo che le prestazioni di beni e servizi alla pubblica amministrazione non siano esposte, con l'andare del tempo, al rischio di una diminuzione qualitativa per l'eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse, evitando che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati, tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipula del contratto stesso.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 7077/2019

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