Appalti

I problemi nell'esecuzione del contratto di appalto e le novità della nota d'aggiornamento al Def

di Andrea Napoleone

I recenti plurimi episodi di corruzione nella gestione degli appalti, hanno nuovamente portato alla luce il vero nodo gordiano delle opere pubbliche in Italia, che riguarda non tanto (e non solo) la fase di gara, ma soprattutto quella esecutiva del contratto.

La scarsità dei presidi di legalità nella fase esecutiva dell’appalto
Come noto, infatti, la fase pubblicistica della gara è dotata dalla normativa in materia e dalla concreta attività delle autorità preposte, anzitutto l’Anac, di penetranti presidi di legalità e di controlli ‘esterni’ alla stazione appaltante (ancorché meramente documentali), mentre - a ben vedere - la fase di realizzazione dei lavori, a valle dell’aggiudicazione, risulta sostanzialmente rimessa all’autonomia negoziale delle parti, alle norme del capitolato e alla diligenza dei direttori dei lavori preposti ad interloquire «in via esclusiva con l’esecutore in merito agli aspetti tecnici ed economici del contratto» (si veda l’articolo 101, comma 3, Codice degli appalti).
Nessun controllo ‘esterno’ (e sovraordinato) rispetto alle parti è dunque previsto dall’attuale normativa nella fase realizzativa dei lavori, eccetto in due ipotesi residuali:
1) l’obbligo di comunicazione all’Anac delle varianti in corso d’opera ex articolo 106 Dlgs n. 50 del 2016;
2) la normativa ex articolo 32 del Dl 24 giugno 2014, n. 90 che ha introdotto, qualora la commessa pubblica sia stata interessata da fenomeni corruttivi, le misure del commissariamento dell’impresa da parte dell’Anac, del commissariamento del cantiere o dell’ordine di rinnovo degli organi societari, della straordinaria e temporanea gestione della stessa impresa.
I risultati derivanti dalla (quasi) totale assenza di controlli in ordine alla corretta esecuzione del contratto di appalto sono evidenti: i fenomeni corruttivi derivanti da omessi controlli sono purtroppo ciclicamente ricorrenti e le stesse modifiche contrattuali, nonostante l’iniziale disfavore del legislatore nei confronti dell’appalto integrato, non sono diminuite, ma anzi proseguono come nel passato confermandosi anche una ‘relazione fra ribassi di gara elevati e varianti’.
È quanto viene confermato da una puntuale analisi dell’Anac che, già nel Comunicato del Presidente Anac del 1 marzo 2018 di aggiornamento del Comunicato del Presidente del 24 novembre 2014, recante ‘Prime valutazioni sulle varianti in corso d’opera trasmesse dalle Stazioni appaltanti’ rilevava come su 186 appalti di importo superiore a un milione di euro, in numerosi casi la variante assorbe il ribasso di aggiudicazione, in tutto o in parte. In particolare, ben 119 appalti (per una percentuale pari al 64% del totale) evidenziavano varianti la cui percentuale sull’importo contrattuale si è collocato tra il 50% ed il 150% del ribasso di aggiudicazione.
Ed è ulteriormente sintomatico di tale modus procedendi nell’esecuzione dei contratti di appalto, che la stessa Autority sia nuovamente intervenuta con la delibera n. 759 del 4 settembre 2019, avente ad oggetto «Procedura aperta per l’affidamento dell’appalto integrato di progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori di costruzione del nuovo molo centrale dell’aerostazione internazionale (Molo C) dell’aeroporto di Fiumicino» con la quale ha rilevato, in un appalto integrato del valore di circa 170.000 euro,  l’illegittimità di ben 4 perizie di varianti, oltre l’illegittimità di accordi intercorsi per la definizione del contenzioso e il frazionamento in più contratti di subappalto di ulteriori attività residue. Un triste caso di scuola, insomma, che tuttavia palesa drammaticamente il costo per il pubblico erario dello ‘scollamento’ fra le attività di progettazione e la fase esecutiva del contratto, che non può (e non deve) essere risolta approssimativamente da una mal celata reintroduzione dell’appalto integrato, il cui divieto ex articolo 59, comma 1, quarto periodo del Codice degli appalti, come noto, è stato ‘sospeso’ dal cosiddetto decreto ‘Sblocca cantieri’ fino il 31 dicembre 2020 (si veda Dl n. 32 del 2019, articolo 1, comma 1, lett. ll).

Le previsioni della Nota di aggiornamento al Def 2019
In tale contesto di analisi, non può che salutarsi con favore quanto previsto dalla recente Nota di aggiornamento al Def 2019, secondo cui «saranno riviste alcune disposizioni del Codice degli appalti al fine di ottenere un quadro giuridico più lineare, che riduca l’incertezza interpretativa ed applicativa delineando chiaramente le responsabilità degli amministratori».
Per tale ragione, viene confermato l’impegno del Governo a monitorare anche le modifiche normative apportate dal recente decreto ‘Sblocca Cantieri’ «al fine di introdurre correttivi o integrazioni coerentemente con l’obiettivo di accelerare gli interventi programmati e in corso di realizzazione, contrastando, comunque, in ogni fase del procedimento, la corruzione e il pericolo di infiltrazioni della criminalità organizzata».
Il principale strumento di tali interventi non potrà che essere anzitutto il nuovo Regolamento unico attuativo ex articolo 216, comma 27-octies Codice degli appalti, chiamato a legiferare, fra l’altro, in tema di progettazione ed esecuzione del contratto di appalto con l’obiettivo di ridurre i possibili ‘scollamenti’ fra la fase di gara (progettuale) e quella di esecuzione.
Non è un caso, del resto, che tale provvedimento dovrà recare disposizioni proprio in tema di nomina, ruolo e compiti del responsabile del procedimento; progettazione di lavori e verifica del progetto; direzione dei lavori e dell’esecuzione; esecuzione dei contratti di lavori, servizi e forniture, contabilità, sospensioni e penali; collaudo e verifica di conformità. Saranno necessari in tal senso, interventi normativi puntuali e chirurgici, senza realizzare un’intera revisione del Codice che, anzi, potrebbe essere foriera di ulteriori incertezze normative. Per tale ragione, lo stesso disegno di legge delega recante «delega al Governo per la semplificazione, la razionalizzazione, il riordino, il coordinamento e l’integrazione della normativa in materia di contratti pubblici», approvato dal precedente Governo nel Consiglio dei Ministri del 28 febbraio 2019, è un bene che resti solo un ‘progetto’ di riforma e ci si concentri invece oggi nel completare quanto ancora resta inattuato, introducendo solo alcuni doverosi correttivi.
Risponde a tale visione quanto previsto dalla recente Nota di aggiornamento al Def che, nell’ambito di un programma mirato di interventi, ha previsto - fra l’altro - anche il rilancio di una nuova struttura creata dall’ultima legge di bilancio 2019, mai divenuta operativa: la Centrale per la progettazione di beni ed edifici pubblici. Nel dettaglio, nel predetto documento contabile, in attuazione e a completamento di quanto già previsto dal vigente Codice, ne viene auspicata anzitutto una maggiore conoscibilità presso le Amministrazioni locali e regionali e ciò, al fine di sopperire, soprattutto nelle piccole e medie stazioni appaltanti, alla carenza organica di progettisti in grado di redigere progetti esecutivi immediatamente eseguibili e (possibilmente) forieri di limitatissime variazioni contrattuali in corso d’opera.
La scarsa sensibilità del legislatore rispetto all’importanza di dotare la fase esecutiva del contratto di maggiori presidi di legalità, sembrerebbe (anche) così attenuarsi, pur se occorrerà verificare nel dettaglio tutte le funzioni ad essa attribuite e da essa concretamente esercitate nel mutato contesto normativo a valle dell’emanazione del predetto Regolamento. L’attività della nuova Centrale, del resto, non potrà non comprendere anche la redazione dei ‘capitolati speciale tipo’, imprescindibili per assicurare uniformità alla nuova disciplina negoziale di appalto, nonché standard minimi di legalità, ad esempio, in tema di penali e iscrizione di riserve da parte dell’appaltatore.

Conclusioni
Complessivamente, dunque, non può che valutarsi positivamente il nuovo approccio legislativo di non modificare integralmente il vigente Codice degli appalti, di cui le richiamate previsioni governative della Nota di aggiornamento al Def ne rappresentano senz’altro un primo passo attuativo. Vieppiù che, nell’ottica di analisi fin qui seguita, quest’ultime appaiono rispondere all’esigenza di dotare la fase progettuale ed esecutiva del contratto di maggiori presidi di legalità, nonché di monitorare costantemente lo stato di efficacia delle prossime riforme. Sulla corretta e tempestiva attuazione di tali (positivi) intendimenti, sarà dunque compito di tutti gli operatori del settore vigilare nei prossimi mesi.

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