Appalti

Dovuti gli oneri di urbanizzazione in caso di cambio destinazione dell'immobile

di Mario Improta

La trasformazione di un immobile, da commerciale a direzionale, concreta il passaggio da una categoria all’altra delle destinazioni d’uso tipizzate dal legislatore, qualificate da un diverso regime contribuivo in ragione del diverso carico urbanistico, con la conseguenza che sono dovuti gli oneri di urbanizzazione. È quanto afferma il Tar Toscana, Sezione III, con la sentenza n. 1314/2019.

Il caso
Il proprietario di un immobile, al fine di cederlo in locazione, comunicava con una Dia, all’Amministrazione comunale, lavori di ristrutturazione interni allo stesso. A ciò, seguiva la comunicazione di varianti in corso d’opera alla predetta Dia; infine, chiedeva al Comune di Firenze l’autorizzazione a modificare la destinazione d’uso dell’immobile, da commerciale a direzionale.
Successivamente, il locatore riduceva il numero delle unità immobiliari e presentava domanda di accertamento di conformità per i locali affittati. All’istanza si abbinava il versamento del contributo dovuto per legge. Tuttavia, con successiva ordinanza, il Comune ordinava il pagamento di una sanzione pecuniaria ed anche degli oneri di urbanizzazione, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 209, comma 5, Lr Toscana n. 65 del 2014.
Avverso tali provvedimenti, il proprietario dell’immobile adiva, quindi, il Tar Toscana, lamentando, tra i motivi di ricorso, in particolare, l’inapplicabilità dell’articolo 209, comma 5 della predetta Lr n. 65 del 2014, poiché successiva rispetto al momento in cui era stata presentata l’istanza di accertamento di conformità. Contestava, poi, il calcolo degli oneri di urbanizzazione, ritenendoli non dovuti per le restaurazioni edilizie, salvo che nell’ipotesi di incremento del carico urbanistico, ipotesi che non riguarderebbe il caso in esame.
Con la sentenza in commento, il Tar per la Toscana ha respinto il ricorso, evidenziando, sulla base della consolidata giurisprudenza - per quel che riguarda l’applicabilità della normativa summenzionata -   che «il principio tempus regit actum, applicabile anche nelle materie dell’urbanistica e dell’edilizia, impone che l’amministrazione debba applicare le disposizioni vigenti al momento di approvazione del provvedimento e non quelle vigenti al momento di proposizione dell’istanza», naturalmente, in assenza di diversa volontà legislativa, come nel caso in esame.
Per quel che concerne, poi, il calcolo degli oneri di urbanizzazione, il Giudice ha ritenuto infondata la pretesa di parte ricorrente, precisando che «il mutamento di destinazione d’uso, anche solo funzionale, comporta un aggravio di carico urbanistico quando implica un passaggio tra categorie urbanisticamente differenti e deve quindi essere annoverato tra gli interventi di tipo oneroso». Il Tribunale ha messo, quindi, in luce la totale divergenza delle due categorie funzionalmente autonome, dal punto di vista urbanistico, tale da dover ritenere lecito, coerente e logico il pagamento degli oneri di urbanizzazione.

Oneri di urbanizzazione e mutamento di destinazione
La sentenza in esame si allinea ad un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui, «il fondamento del contributo di urbanizzazione non consiste nel titolo edilizio in sé, ma nella necessità di ridistribuire i costi sociali delle opere di urbanizzazione, facendoli gravare su quanti beneficiano delle utilità derivanti dalla presenza delle medesime secondo modalità eque per la comunità con la conseguenza che, anche nel caso di modificazione della destinazione d'uso, cui si correli un maggiore carico urbanistico, è integrato il presupposto che giustifica l'imposizione del pagamento della differenza tra gli oneri di urbanizzazione dovuti per la destinazione originaria e quelli, se più elevati, dovuti per la nuova destinazione impressa; il mutamento, pertanto, è rilevante quando sussiste un passaggio tra due categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, qualificate sotto il profilo della differenza del regime contributivo in ragione di diversi carichi urbanistici» (Consiglio di Stato, sez. IV, 28 luglio 2005, n. 4014).
Va rammentato, a riguardo, che «è rilevante il verificarsi di un maggior carico urbanistico quale effetto dell'intervento edilizio, sicché non è neanche necessario che la ristrutturazione interessi globalmente l'edificio - con variazioni riguardanti nella loro interezza le parti esterne ed interne del fabbricato - ma è soltanto sufficiente che ne risulti comunque mutata la realtà strutturale e la fruibilità urbanistica, con oneri conseguentemente riferiti all'oggettiva rivalutazione dell'immobile e funzionali a sopportare l'aggiuntivo carico ‘socio-economico’ che l'attività edilizia comporta, anche quando l'incremento dell'impatto sul territorio consegua solo a marginali lavori» (Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 4326/2013).

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