Appalti

Monetizzabili le ferie non godute per motivi di salute

di Pietro Alessio Palumbo

Il dipendente ha diritto all'indennità per le ferie non godute per causa a lui non imputabile anche quando una normativa settoriale isolatamente interpretata sembri formulare un divieto in questo senso. È in gioco un diritto riconosciuto dalla Costituzione e dalle più importanti fonti internazionali ed europee. Il Consiglio di Stato, con il parere n. 154/2020, ha chiarito che la corte Ue ha consolidato i connotati di questo diritto fondamentale del dipendente, irrobustendone la natura, che si badi, è ora inderogabile. Da ciò discende che nessun divieto di monetizzazione può trovare applicazione quando il godimento delle ferie sia stato impedito da uno stato di malattia o da altra causa oggettivamente non ascrivibile al lavoratore. Questa soluzione vale a maggior ragione se il dipendente sia stato collocato in congedo per raggiunti limiti d'età, una ragione, pertanto, non riconducibile alla volontà del dipendente, ma oggettivamente connessa al rapporto di servizio.

La vicenda
Un ministero ha chiesto il parere del Consiglio di Stato su un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, proposto da un dipendente pensionato. Il ricorso era diretto all'annullamento del provvedimento di rigetto della sua richiesta di monetizzazione delle ferie non godute durante il periodo di aspettativa per motivi di salute, precedentemente alla cessazione del rapporto di lavoro. Anzi, eccepiva il dipendente pensionato, l'amministrazione si era limitata a negare il diritto alla monetizzazione delle ferie non godute per ragioni a lui non imputabili, senza la benché minima motivazione a sostegno del proprio comportamento. Il ministero si è difeso sostenendo che la richiesta di compenso sostitutivo non aveva trovato accoglimento in quanto l'interessato avrebbe dovuto fare domanda per trasportare le ferie non godute negli anni successivi.

La decisione
Il diritto alle ferie, riconosciuto a ogni lavoratore senza distinzioni di sorta, mira a reintegrare le energie psico-fisiche del lavoratore e a consentirgli lo svolgimento di attività ricreative e culturali, nell'ottica di un equilibrato contemperamento delle esigenze del datore di lavoro e degli interessi del dipendente. Da ciò discende che se la non imputabilità al dipendente del mancato svolgimento dell'attività di servizio è alla base del riconoscimento del diritto, la monetizzabilità del periodo deve essere sempre riconosciuta in ipotesi non riconducibili alla volontà del dipendente o del datore di lavoro. Il diritto sarebbe violato se la cessazione dal servizio vanificasse, senza alcuna compensazione economica, il godimento delle ferie, compromesso dalla malattia o da altra causa non ascrivibile al dipendente. Di conseguenza una eventuale normativa di settore, sebbene introdotta al legittimo scopo di arginare il possibile uso distorto della monetizzazione, non può mai andare in antitesi con princípi radicati nell'esperienza giuridica italiana ed europea. Quindi, quando è cessato il rapporto di lavoro e la fruizione effettiva delle ferie retribuite non sia stata possibile, il dipendente ha diritto alla giusta indennità. La circostanza che il dipendente abbia posto fine «a domanda» al rapporto di lavoro, non ha alcuna incidenza sul suo diritto a percepire una compensazione finanziaria per le ferie annuali retribuite di cui non ha, suo malgrado, potuto usufruire.

Il parere del Consiglio di Stato n. 154/2020

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