Appalti

Quinto d'obbligo fuori dal calcolo del valore stimato dell'appalto

di Alberto Barbiero

Il quinto d'obbligo non deve essere computato nel valore stimato dell'appalto, in quanto non rientra tra le modifiche prevedibili, che possono essere definite anticipatamente dalla stazione appaltante con clausole. Il Tar Lombardia – Milano, sezione II, con la sentenza n. 284/2020 inserisce un ulteriore tassello interpretativo nel complicato quadro relativo al computo del valore potenziale (in aumento) del quinto d'obbligo nell'ambito del valore complessivo totale pagabile dell'appalto.

L'articolo 35, comma 4 del codice dei contratti, infatti, stabilisce che il calcolo del valore stimato di un appalto pubblico di lavori, servizi e forniture tiene conto dell'importo massimo conseguibile, compresa qualsiasi forma di eventuali opzioni o rinnovi del contratto esplicitamente stabiliti nei documenti di gara.

Pertanto, quando l'amministrazione inserisce nel capitolato e nello schema di contratto clausole esplicite relative alla possibilità di far valere la revisione prezzi, un'estensione quantitativa delle prestazioni entro una certa soglia o la proroga tecnica, tutte queste possibilità devono essere tradotte nei loro valori potenziali, che devono essere sommati a quello del valore effettivo delle prestazioni, sancito dalla base d'asta.

La disciplina del quinto d'obbligo rientra nel complesso delle modifiche contrattuali, in quanto regolata dal comma 12 dell'articolo 106 del codice dei contratti pubblici.

La disposizione stabilisce infatti che la stazione appaltante, qualora in corso di esecuzione si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell'importo del contratto, può imporre all'appaltatore l'esecuzione alle stesse condizioni previste nel contratto originario.

Il quadro interpretativo che si è venuto formando rispetto alla norma (pienamente recettiva del testo a suo tempo statuito dall'articolo 13 del Rd 2240/1923) ha delineato due posizioni contrapposte.

Alcuni tribunali amministrativi regionali hanno considerato il quinto d'obbligo come elemento da ricondurre a una esplicita dichiarazione di utilizzo negli atti di gara e da ricomprendere, nella sua proiezione massima in aumento, nel valore stimato dell'appalto (Tar Campania – Napoli, sezione V, sentenza n. 5380/2018).

Su una posizione opposta si sono schierati altri giudici amministrativi e l'Autorità nazionale anticorruzione, la quale, nella relazione illustrativa del bando-tipo n. 1, non contempla il quinto d'obbligo tra le "opzioni" che incidono sul valore stimato dell'appalto.

Il Tar Lombardia-Milano interviene nel confronto interpretativo con una posizione vicina a quella dell'Anac, assumendo a presupposto che l'articolo 106, comma 12 del codice dei contratti pubblici configura il quinto d'obbligo come una prestazione aggiuntiva rispetto al contratto originario che costituisce una sopravvenienza. Essa quindi si sottrae alla previsione dell'articolo 35, comma 4, del Dlgs 50/2016, il quale fa riferimento a clausole già previste al momento della predisposizione degli atti di gara ed in questa sede inserite per effetto di scelta discrezionale della stazione appaltante, che ne valuta sin dall'inizio della procedura di affidamento l'utilità per l'interesse pubblico perseguito.

Secondo i giudici amministrativi lombardi, il quinto d'obbligo rientra tra le modifiche contrattuali, ma come oggetto di variante, e quindi si differenzia nettamente dai patti aggiunti al contenuto del contratto che si inseriscono nella fase di formazione del medesimo.

Il Tar evidenzia come nessuna norma del codice dei contratti pubblici, e tantomeno l'articolo 106, comma 12, richieda che il ricorso al quinto d'obbligo assuma rilevanza ai fini della determinazione del valore dell'appalto oggetto di gara. Conseguentemente non se ne deve tener conto neppure per le soglie di rilevanza comunitaria.

L'articolata analisi interpretativa dei giudici amministrativi lombardi ha una rilevante implicazione operativa, in quanto connota il quinto d'obbligo come una variante quantitativa determinata da situazioni non prevedibili, sottoposta ad un limite funzionale e caratterizzata dai peculiari effetti nei confronti dell'appaltatore (che in caso di applicazione del quinto non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto).

L'incidenza sul valore effettivo dell'appalto richiede che la scelta di aumentare (o diminuire) entro la particolare soglia le prestazioni sia pertanto motivata in relazione agli elementi (anche di tipo organizzativo o derivanti da variazioni della domanda) che la rendono necessaria nella dinamica del rapporto contrattuale.

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