Appalti

I vincoli conformativi del piano regolatore non decadono dopo 5 anni

di Pippo Sciscioli

I vincoli che derivano dal piano regolatore generale che decadono dopo cinque anni dall'approvazione di quest'ultimo sono solo quelli che incidono su beni determinati e appartenenti a soggetti individuati, assoggettandoli a espropriazione o comportandone l'inedificabilità.
In questi casi, i vincoli vanificano il contenuto del diritto di proprietà, incidendo sul godimento del bene, rendendolo inutilizzabile rispetto alla destinazione naturale e diminuendone in modo significativo, di fatto, il suo valore di scambio.
Per reiterarli dopo la decadenza (al fine di realizzare ad esempio un'opera pubblica), il Comune è tenuto ad attivare un complesso procedimento di variante allo strumento urbanistico, adeguatamente motivato in relazione all'assoluta necessità e inevitabilità.
Al contrario, non sono assoggettati ad alcuna decadenza temporale i vincoli conformativi, generali ed astratti, che assegnano alla generalità di beni e appartenenti a tutti i proprietari di suoli ricadenti sul territorio comunale (e non dunque solo ad alcuni ben individuati), la relativa tipizzazione urbanistica, quale per esempio la destinazione a verde urbano o a impianto sportivo.
In questi casi, non si configura un vincolo preordinato all'espropriazione né l'inedificabilità assoluta del suolo, trattandosi di una prescrizione diretta a regolare l'attività edilizia nell'ambito del concreto esercizio della potestà conformativa del Comune, che non è subordinato ad alcun limite temporale.
L'importante precisazione è arrivata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 342/2020 che ha posto fine alla controversia fra alcuni proprietari di suoli, che avevano richiesto la ritipizzazione urbanistica del proprio suolo destinato a verde agricolo speciale in ragione della intervenuta decadenza del vincolo imposto dal Prg di inedificabilità gravante sul terreno, e il Comune che aveva respinto l'istanza.

I motivi del diniego
Alla base del diniego comunale, la dirimente considerazione che il suolo in questione era attinto da un vincolo conformativo e non ablatorio, che non prevedeva cioè una destinazione necessariamente rimessa all'iniziativa pubblica ma invece una attuabile a iniziativa privata o promiscua pubblico-privata e dunque senza previa ablazione del bene.
In sostanza, la destinazione del suolo a parco urbano stabilita dal Prg non escludeva interventi edilizi anche da parte dei proprietari del suolo, e dunque non necessariamente il Comune, purché in conformità alle previsioni rivenienti dal vincolo e agli indici di fabbricabilità previsti.
In fattispecie simili, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, non si è in presenza di un vincolo urbanistico di localizzazione preordinato all'esproprio, ma di un vincolo di destinazione a carattere conformativo della proprietà privata, come tale posto al di fuori dello schema ablatorio e delle connesse garanzie costituzionali e di cui non può dunque dirsi venuta meno l'efficacia a séguito di decadenza, con conseguente insussistenza del preteso obbligo dell'amministrazione comunale di dettare una nuova disciplina urbanistica dell'area interessata.
È onere quindi del Comune verificare in concreto, di volta in volta, la natura conformativa o ablatoria del vincolo in vista dell'adozione di provvedimenti legittimi, in grado di resistere di fronte a eventuali controversie giurisdizionali.

La sentenza del Cosiglio di Stato n. 342/2020

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