Appalti

La commissione di gara non può adottare il provvedimento di esclusione

di Stefano Usai

Il provvedimento di esclusione dalla procedura di gara non può essere adottato dal presidente della commissione neppure nel caso in cui ciò risulti stabilito nel disciplinare di gara. La competenza sull'adozione delle estromissioni è del Rup come stabilito dall'articolo 31 del codice dei contratti. In sintesi, è questa la posizione espressa dal Tar Calabria con la sentenza n. 603/2020.

Il caso
Al Tar calabro è stata posta, tra le altre, la questione della competenza sull'adozione del provvedimento di esclusione, stante che nel disciplinare di gara questo compito era attribuito alla commissione di gara mentre nella realtà è stato adottato dal responsabile unico del procedimento.
Il giudice ha affermato la perfetta legittimità della procedura seguita e quindi l'infondatezza della censura, rammentando che l'articolo 31, comma 3 del Dlgs 50/2016 individua nel responsabile unico del procedimento il soggetto deputato a svolgere «tutti i compiti relativi alle procedure di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione previste dal presente codice, che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi o soggetti» e che questi, pertanto, «riveste, nel contesto della gara, un ruolo particolare e svolge funzioni di garanzia e di controllo (Consiglio di Stato, parere 2040/2017)». Sicché, prosegue il giudice «tra le sue attribuzioni, dunque, vi è anche l'adozione dei provvedimenti di esclusione delle partecipanti alla gara (Tar Friuli-Venezia Giulia, n. 450/2019; Tar Veneto, n. 695/2018)».

La questione delle competenze del Rup
È noto che in ambito di poteri del Rup si registrano in giurisprudenza, in realtà, diversi approdi. L'ultimo, probabilmente, è quello di rimettere alla stazione appaltante la definzione del corretto ambito di operatività delle prerogative del responsabile unico e degli altri soggetti/organi che sono presenti nel procedimento amministrativo.
In generale, quindi, si afferma una competenza residuale destinata a operare nel solo caso in cui la stazione appaltante non abbia attribuito ad altri soggetti/organi dette prerogative.
L'impostazione dettata dall'Anac, invece (in particolare nelle linee guida n. 3 e nei bandi tipo) è sicuramente di segno differente individuando nel Rup il soggetto, unico, deputato all'adozione dei provvedimenti finali.
Il Rup, per intendersi, viene considerato come momento di sintesi che adotta i provvedimenti finali (al netto di quelli che contengono riferimenti contabili se, evidentemente, non avesse poteri dirigenziali/gestionali) anche se i segmenti procedimentali (si pensi al soccorso istruttorio, alla valutazione della potenziale anomalia eccetera) venissero affidati ai collaboratori, ad esempio seggi di gara, uffici creati ad hoc, uffici di supporto o alla stessa commissione di gara.
La stessa impostazione è quella che emerge, nel segno di una opportuna continuità con le indicazioni dell'autorità anticorruzione, dallo schema di regolamento attuativo che segnerà il superamento dei cosiddetti modelli virtuosi espressi dall'Anac.
In generale, sulla competenza del Rup è quindi necessaria, evidentemente, una ulteriore esplicitazione come soggetto che, per norma, ha le varie prerogative/poteri e in particolare nei frangenti fondamentali del procedimento amministrativo contrattuale e che queste prerogative, ma non la decisione finale, possono essere «delegate» dallo stesso responsabile unico ai soggetti di supporto.
Si tratta di chiarire, comunque, che anche la commissione di gara, nel caso dell'appalto da aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, può essere coinvolta (come nel caso di specie in cui è stata la commissione ad attivare il soccorso istruttorio) fermo restando, come detto, che il momento di sintesi è, e rimane, il Rup a cui compete l'adozione del provvedimento finale come del resto già chiarito nei pareri del ministero delle Infrastrutture (parere 84/2017). Questo implica, ovviamente, un costante coinvolgimento del responsabile unico del procedimento che non può essere considerato alla stregua di un mero soggetto che si limita a «ratificare» la decisione altrui.

La sentenza del Tar Calabria n. 603/2020

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