Fisco e contabilità

Province e Città, ok ai 900 milioni ma tagli a rischio legittimità

Dopo lunga e faticosa trattativa, è arrivato ieri il via libera della Conferenza Unificata al decreto di Palazzo Chigi che distribuisce a Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni i tre miliardi dei due “fondoni” previsti dall’ultima legge di bilancio. A sbloccare la situazione è il superamento del “buco” da 100 milioni per gli enti di area vasta delle Regioni a Statuto speciale: per le Province siciliane, oltre che per le Città metropolitane di Palermo e Catania, ci sono 70 milioni in arrivo dalla revisione dei rapporti finanziari fra Stato e Regione Sicilia per il passaggio dal “riscosso” al “maturato” (cioè dalla cassa alla competenza) dei criteri di compartecipazione Iva (la modifica non impatta sui saldi complessivi di finanza pubblica), mentre per la Sardegna sarà la Regione a mettere direttamente sul piatto 20 milioni per quest’anno e 30 dall’anno prossimo.
In questo modo, vengono sterilizzati per tutte le Province e le Città metropolitane i tagli aggiuntivi da un miliardo messi in calendario per il 2017 dalla legge di stabilità 2015. Per gli amministratori locali, però, si tratta solo di un primo passo perché i conti rimangono critici: la richiesta è di altri 550 milioni, da trovare nel decreto enti locali che sta provando a farsi spazio fra le ristrettezze del bilancio pubblico, le richieste di correzione europea e le convulsioni della politica italiana.

Il parere della Corte dei conti
A dar manforte alle richieste dei sindaci alla guida delle Province arriva anche la sezione Autonomie della Corte dei conti, che in audizione ieri mattina alla commissione bicamerale per il federalismo fiscale ha lanciato l’allarme sulla “sostenibilità costituzionale” dei bilanci zoppicanti delle Province. La riforma Delrio, hanno ricordato i magistrati contabili, ha superato l’esame costituzionale (in particolare nella sentenza 50/2015) perché era stata costruita «in attesa della riforma del Titolo V» (articolo 1, comma 5 della legge 56/2014).
La riforma, però, è stata travolta dai «no» del referendum, quindi il quadro torna a rischio: per stabilizzarlo, la Corte suggerisce una ricognizione urgente di funzioni e finanziamenti per mettere in campo un «rimedio organico» al «grave deterioramento dell’equilibrio strutturale» dei conti provinciali. Le pezze messe di anno in anno, insomma, non bastano più, anche perché la stessa Corte costituzionale (sentenza 10/2016) aveva giudicato illegittimi in quanto «manifestamente irragionevoli» tagli tali da rendere impossibile lo svolgimento delle funzioni istituzionali delle Province. In quel caso in gioco c’era una legge regionale del Piemonte, ma il principio rischia di tornare buono anche per la legge statale.

I numeri
Per il resto, l’intesa arrivata ieri conferma i numeri chiave per gli enti territoriali: 1,7 miliardi servono per abbassare i tagli ai bilanci extra-sanitari delle Regioni, mentre 300 milioni servono per replicare il fondo-Tasi a favore di 1.800 Comuni in cui a suo tempo le aliquote sull’abitazione principale sono salite troppo per essere compensate dagli indennizzi statali. Questi fondi non incidono sull’indebitamento, quindi non modificano il saldo complessivo di finanza pubblica, a differenza dei 969,6 milioni che impattano sull’indebitamento netto. Di questi, 900 milioni vanno a Province e Città metropolitane, 10 milioni all’anno per 30 anni servono a compensare gli arretrati comunali sulle spese di giustizia e il resto chiude una serie di partite minori sulle compensazioni Imu dei terreni agricoli.

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