Fisco e contabilità

In manovrina stretta fiscale da 2 miliardi

Nel binomio fra «correzione» e «crescita» che secondo le parole del governo guida il decreto con la manovrina atteso per oggi al Quirinale dopo la «bollinatura» della Ragioneria generale, nel capitolo fiscale è il primo termine a dominare: una correzione che vale almeno 2,5 miliardi, e che per esigenze di cassa dello Stato finisce per concentrarsi sulle casse di imprese e professionisti.

Split payment

In termini di valori in gioco, lo split payment è il protagonista indiscusso delle novità in arrivo, con la sua duplice estensione: dal 1° luglio anche i professionisti saranno fra i fornitori destinatari di fatture senza Iva, e il meccanismo si estenderà alle società controllate (in via diretta e indiretta) da Stato ed enti locali e alle maggiori quotate. In soldoni, si tratta di evitare alla radice il rischio di evasione Iva facendo versare direttamente l’imposta dai soggetti, Pa, società controllate e quotate, che ricevono beni e servizi. L’obiettivo è di far crescere il gettito Iva di almeno 1,2 miliardi, ma con un effetto collaterale non da poco: quello di sottrarre ai fornitori liquidità e Iva a credito, utile nel gioco delle compensazioni sull’imposta, mentre sono ancora da costruire le garanzie sull’effettiva liquidazione dei rimborsi in tre mesi, come prevede la norma che nel 2015 ha introdotto in Italia il primo split payment, quello con la Pa “propriamente detta”. Non solo: proprio al rispetto di questo termine, essenziale per evitare di imporre agli operatori economici forme alternative (e costose) di finanziamento a breve, è legato il via libera definitivo della commissione all’ampliamento del meccanismo e alla sua proroga fino al 2020 chiesta dall’Italia per ridurre il famigerato «tax gap» Iva. Anche dopo l’avvio a pieno ritmo dello «split payment 1.0», che secondo l’agenzia delle Entrate ha ridotto il gap di 3,5 miliardi, la differenza fra imposta potenziale e gettito reale viaggia intorno ai 37 miliardi all’anno. Per i professionisti, dal commercialista revisore dei conti all’ingegnere o all’avvocato che forniscono consulenze, lo split si aggiungerà alla ritenuta alla fonte per le imposte sui redditi, cioè proprio alla ragione che aveva determinato la loro esclusione dal primo split.

Compensazioni

Il filo rosso dell’anti-evasione percorre anche le nuove regole in arrivo per le compensazioni dei crediti derivanti da imposte dirette, addizionali Irpef locali, Irap e Iva. Sul punto le novità, con un maggior gettito atteso da circa 900 milioni secondo le prime stime, sono due: l’obbligo di passare dal visto di conformità rilasciato dagli intermediari abilitati riguarderà, una volta in vigore la manovrina, tutte le compensazioni da 5mila euro in su, mentre fino a oggi la soglia è stata fissata a 15mila euro. Il diritto all’utilizzo del credito d’imposta in compensazione, che viene vincolato dal decreto alla dichiarazione dei redditi, sposta di fatto in avanti l’”incasso», che diventa possibile solo da settembre: un vincolo, questo, immediatamente operativo, che impatterà già a partire dalle prossime dichiarazioni (si veda l’approfondimento a pagina 27).

Ace

Altre decine di milioni sono poi attese dai ritocchi su Ace e Patent Box: in questo caso le cifre complessive non sono enormi, ma per i diretti interessati la stretta da «correzione» è sensibile. Sull’Ace si riduce di due anni l’orizzonte temporale su cui calcolare l’incremento di investimenti e conferimenti che dà diritto all’«aiuto alla crescita economica», cioè al bonus fiscale sulla capitalizzazione delle imprese. La nuova norma, infatti, prevede che l’incremento sia calcolato sugli ultimi cinque esercizi, e non più a partire dal 2010 come indicano le regole attuali: in questo modo si riduce il valore dell’Ace si riduce, dopo che già l’ultima legge di bilancio aveva rivisto al ribasso il coefficiente nozionale con cui determinare l’aiuto.

Patent Box

Simile è l’impatto della tagliola al Patent Box, cioè alla detassazione dei valori intangibili delle imprese: con la correzione, i marchi vengono esclusi dal beneficio che invece continuerà a riguardare brevetti, software e know how. Con l’uscita dei marchi si perde uno degli snodi chiave del Made in Italy, mentre altri Paesi sono più competitivi su brevetti e software: proprio per questa ragione il nostro Paese ha ingaggiato una battaglia interpretativa con l’Ocse, persa però come certifica la manovrina.

Giochi

Un contributo importante per riportare i conti italiani sui binari tracciati da Bruxelles è chiesto al comparto dei giochi: il conto vale circa 400 milioni in termini strutturali, a cui si aggiunge una dote una tantum (800 milioni fra questo e il prossimo anno) attesa dall’anticipo del rinnovo per la concessione del Gratta e Vinci (anche online). La parte strutturale poggia invece soprattutto sull’aumento del prelievo erariale unico (Preu) su new slot e videolottery e sulla cosiddetta “tassa sulla fortuna”, cioè il prelievo sulle vincite. L’aumento fiscale, che riduce inevitabilmente le somme restituite in vincite ai giocatori (payout), tende però a ridurre la raccolta: con l’ultimo aumento, scritto nella legge di stabilità per il 2016, la raccolta su new slot e Vlt si è ridotta di circa il 6%. Sulla tassa della fortuna, poi, c’è da valutare l’effetto prodotto dall’incremento, dal 6 all’8%, del prelievo sulle vincite al lotto: in questo caso, è lo Stato a tenere il banco, e l’aumento si traduce in un taglio netto del payout.

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