Fisco e contabilità

Imu delle trivelle, la battaglia si sposta sull’interpretazione

«E chi ha già pagato?» La domanda è nata subito negli uffici fiscali delle compagnie petrolifere che nei mesi scorsi hanno perso le battaglie con i Comuni sull’Imu delle trivelle. «E la Cassazione?» si sono invece chiesti gli amministratori locali ancora impegnati nel braccio di ferro sullo stesso tema.

Ad accendere i due interrogativi speculari è il comma spuntato nelle ultime bozze della manovrina, secondo il quale le piattaforme petrolifere non devono pagare Ici, Imu e Tasi perché non sono iscritte in Catasto. La norma è di «interpretazione autentica», e quindi ha effetto retroattivo, ma a differenza di altre regole simili scritte in passato non dice nulla sui pagamenti già effettuati in base alle regole ora «reinterpretate».

Da Ravenna a Cesenatico, da Pineto a Termoli le compagnie hanno iniziato a pagare decine di milioni di Ici o Imu arretrate: dal 2016 le piattaforme sono uscite dal raggio d’azione delle imposte come i macchinari «imbullonati» delle imprese, ma l’arretrato è ricco e secondo le stime vale almeno 300 milioni distribuiti fra le 119 trivelle censite in Italia.

I pagamenti sono partiti dopo un lungo ping pong fra la Cassazione, che ha stabilito l’obbligo di pagare le imposte immobiliari sulle trivelle (sentenze 3618 e 19510 del 2016), e il ministero dell’Economia, che l’ha negato (risoluzione 3/2016 delle Finanze). Ma spesso, segnala ora l’Anci, i versamenti sono partiti grazie ad accordi stragiudiziali: e in ogni caso hanno iscritto a bilancio somme che ora sembrano scomparire di colpo.

Che accade ora? Il lungo cantiere della manovrina, approvata l’11 aprile ma ancora attesa dal Parlamento, ha favorito una battaglia sottotraccia sul testo, di cui bisognerà attendere la versione definitiva. Ma una previsione ovvia: dopo le battaglie legali sulla legge originale, ora partiranno quelle sulla norma interpretativa.

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