Fisco e contabilità

Il coniuge superstite è soggetto passivo Imu anche se risiede altrove

Il coniuge superstite è tenuto al versamento dell’Imu in quanto titolare del diritto di abitazione, a prescindere dal fatto che la proprietà del bene sia ereditata dai figli e anche dal fatto che risieda formalmente in un altro immobile. A stabilirlo è la Ctp di Reggio Emilia, con la sentenza 103/2/2017 del 7 aprile 2017 (presidente Montanari, relatore Romitelli).

La vicenda
Un contribuente, in qualità di proprietario di un fabbricato pervenuto per successione nel 2003, riceveva un avviso di accertamento ai fini Imu, con il quale il Comune richiedeva il pagamento dell’imposta non versata per le annualità 2013 e 2014.
Gli atti impositivi venivano impugnati in Ctp. L’erede contestava la propria soggettività passiva, individuando l’onere tributario in capo alla madre, quale titolare del diritto di abitazione a favore del coniuge superstite, previsto dall’articolo 540 del Codice civile.
Il Comune si costituiva in giudizio, insistendo sulla legittimità dell’atto impositivo: secondo l’ente, poiché la madre del contribuente risultava residente in altro Comune, il diritto di abitazione non si sarebbe perfezionato e l’unico obbligato al versamento del tributo era l’erede della proprietà immobiliare.

La decisione
I giudici di Reggio Emilia hanno accolto le ragioni del contribuente, annullando l’atto impositivo. La Ctp, innanzitutto, ha ricordato che (in base all’articolo 540, comma 2, del Codice civile) «al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni». La circostanza che i coniugi avessero la residenza anagrafica in due Comuni diversi non basta a derogare al contenuto della disposizione: il legislatore, infatti, ha voluto costituire il diritto di abitazione nella casa adibita a «residenza familiare» e non «anagrafica».
La commissione richiama anche il Dpcm 221/1999 il quale all’articolo 1-bis, comma 4, stabilisce che i coniugi che hanno diversa residenza fanno parte dello stesso nucleo familiare, identificato sulla base della famiglia anagrafica di uno dei coniugi, di comune accordo corrispondente alla residenza familiare. Fa eccezione solo il caso in cui è intervenuta una separazione giudiziale o consensuale, oppure quando la diversa residenza è consentita a seguito di provvedimento del giudice e, infine, quando uno dei coniugi è stato escluso dalla potestà sui figli o è stato adottato il provvedimento di allontanamento dalla residenza familiare.
Nel caso di specie il contribuente aveva prodotto la documentazione volta a dimostrare che, sebbene formalmente residente in località diversa, la madre aveva sempre risieduto nell’abitazione, indicata quale domicilio della corrispondenza. Inoltre, era stato prodotto estratto di matrimonio dal quale non risultava alcuna separazione o divorzio. Pertanto, il diritto di abitazione in capo alla madre era evidente, considerata l’unico soggetto passivo. Da qui l’annullamento dell’atto impositivo del Comune.

La sentenza della Ctp di Reggio Emilia n. 103/2/2017

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©