Fisco e contabilità

Danno erariale per i compensi di lavori extra non autorizzati e non riversati all'ente

di Giuseppe Nucci

La fattispecie sanzionatoria di cui al comma 7 dell’articolo 53 del Dlgs n. 165/2001 – che impone di riversare all’ente di appartenenza i compensi percepiti per prestazioni extraistituzionali non autorizzate - non costituisce ipotesi di responsabilità erariale, né ricade tra le fattispecie di responsabilità sanzionatoria pecuniaria eccezionalmente, e dunque espressamente, devolute alla competenza e alla cognizione della Corte dei conti.
In sostanza non sono i compensi percepiti a costituire danno erariale bensì il loro mancato versamento all'Amministrazione ai sensi del comma 7-bis del predetto articolo 53.
È questo il principio ribadito dalla sentenza n. 90 del 16 giugno 2017 della Corte dei conti, sezione per la Lombardia

Gli incarichi extraprofessionali non autorizzati
Ad un dirigente comunale, a seguito di procedimento disciplinare in relazione ad incarichi extraistituzionali in assenza di preventiva autorizzazione, veniva intimato di versare all’Amministrazione i relativi compensi ricevuti e, a seguito della sua inerzia, gli veniva notificata una cartella esattoriale, seguita da atti di pignoramento.
Durante la vicenda, il dirigente proponeva diverse azioni davanti al giudice del lavoro ed al giudice tributario - che dichiaravano il difetto di giurisdizione – e poi presso il giudice dell’esecuzione il cui giudizio è ancora pendente.
Per ultimo veniva adita la Corte dei conti per l’accertamento negativo della responsabilità amministrativo contabile circa gli incarichi extraistituzionali contestatigli, sostenendo la sussistenza della propria buona fede.
Al riguardo l’Ente locale, costituito, eccepiva l’inammissibilità del ricorso e delle domande proposte, in quanto oggetto della responsabilità amministrativo-contabile addebitabile al dirigente non è la mancata autorizzazione per gli incarichi extraprofessionali – fattispecie sanzionata dall’articolo 53, comma 7, Dlgs n. 165/2001– bensì il mancato riversamento dei compensi nel bilancio dell’Ente, stabilito dal successivo comma 7 bis, e con domanda riconvenzionale richiedeva anche l’accertamento positivo di responsabilità del ricorrente, con conseguente statuizione di condanna dello stesso in favore dell’Amministrazione.
La posizione del Pubblico Ministero, infine, si appalesava funzionale alle richieste formulate dal Comune aggiungendo che il ricorrente non poteva ritenersi in buona fede in quanto ben conosceva la normativa di settore poiché aveva egli stesso concesso vari “nulla osta” a richieste di autorizzazione a svolgere incarichi extra lavorativi avanzate da suoi collaboratori.

La sentenza
Il Collegio, innanzitutto, conveniva con il Comune nel ritenere che il credito vantato dall’Amministrazione non discendeva da una responsabilità amministrativo contabile – tra l’altro non sussiste né è richiesto alcun danno a carico dell’Ente - ma dalla disposizione che impone al dipendente il riversamento dei compensi percepiti per attività extralavorative non autorizzate.
In sostanza il credito derivava dalla mera antigiuridicità della condotta (commissiva) posta in essere dal dipendente, sanzionata in misura predeterminata senza che risulti peraltro necessario il previo accertamento del dolo o della colpa del trasgressore.
Il giudice, quindi, chiariva che è solo la “omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore” che testualmente costituisce ai sensi del comma 7-bis dell’articolo 53 più volte citato, “ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti”.
In conclusione il Collegio, accogliendo le tesi del Comune, respingeva l’actio negatoria e affermava, per contro, la sussistenza della responsabilità amministrativa in capo al ricorrente, osservando che l’omissione del versamento dei compensi percepiti aveva determinato un danno patrimonialmente pari all’ingiustificata minore entrata nel bilancio dell’Ente ammontante a € 96.983,67.

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