Fisco e contabilità

Rimborso spese legali ai dipendenti solo se non mettono a rischio i bilanci

di Giovanni G.A. Dato

La recente deliberazione della Corte dei conti, Sezione Regionale Controllo Basilicata, 6 luglio 2017, n. 45/2017/PAR si sofferma sulle modifiche apportate nel 2015 al comma 5 dell’articolo 86 del Tuel, e in particolare sulle modalità di costruzione del bilancio dell’ente affinché la spesa per il rimborso delle spese legali agli amministratori, ove ne sussistano le condizioni sostanziali, sia sostenibile e in quale misura, nonché le condizioni per lo stanziamento della spesa e la sua copertura.

L’analisi normativa
La disposizione contenuta nel novellato comma 5 dell’articolo 86 del TUEL - come modificato nel 2015 - non impone al Comune una spesa obbligatoria, limitandosi a facoltizzare il Comune a destinare, in sede di bilancio, le risorse possibili sia per l’assicurazione degli amministratori sia per il rimborso delle spese legali da essi sopportate, nei casi ammessi, e comunque “senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.
Il legislatore ha voluto introdurre, dunque, una clausola di cd. «invarianza finanziaria» che però – a differenza di quanto avvenuto in altri testi normativi – non contempla l’obbligatoria riduzione di una determinata spesa, o di un aggregato di spese, rispetto a quella sostenuta negli esercizi precedenti, ovvero il divieto di aumentarla; in altri termini, nella disciplina in esame, il legislatore non ha fissato un limite quantitativo, neanche per relationem, alla spesa di cui l’ente si dovrebbe far carico per assicurare i suoi amministratori dei rischi del mandato, o per il rimborso delle loro spese legali.
In sostanza, con la locuzione «senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica» non si è voluto impedire la spesa “nuova” solo perché non precedentemente sostenuta o “maggiore” solo perché di importo superiore alla precedente previsione (laddove prevista). Il criterio di invarianza degli oneri finanziari, in altri termini, non preclude ex se un eventuale aggravio di spesa purché tale aggravio sia “neutralizzato”, dal momento che ben potrebbe un singolo aggravio di spesa trovare compensazione in altre disposizioni produttive di risparmi o di maggiori entrate.
In altri termini, la norma si preoccupa di comporre il conflitto tra l’interesse proprio degli amministratori - di assicurare a se stessi il rimborso delle spese legali eventualmente sostenute per vicende giudiziarie legate al mandato - e l’interesse della collettività all’uso delle risorse finanziarie per altre e diverse spese. Ne discende che la mancata previsione iniziale o l’insufficiente stanziamento non possono essere superati riconoscendo il debito fuori bilancio, né è consentito apportare variazioni allo stanziamento senza prima aver rigorosamente accertato il mantenimento degli equilibri; del pari, non è consentito impegnare le somme iscritte se non sono garantite le entrate a copertura.

Il parere
Secondo la deliberazione in commento, è dunque possibile appostare nel bilancio di previsione, con le modalità e nei limiti sopra detti, la spesa per l’assicurazione degli amministratori e il rimborso delle spese legali da loro sostenute, nei soli casi ammessi e nel rispetto della procedura così come risulta disciplinata. È fatto onere, altresì, agli amministratori di adottare il disciplinare contenente i criteri oggettivi e predeterminati di assegnazione delle somme stanziate o, eventualmente, di loro riparto. La necessità della previa programmazione della spesa in bilancio, unitamente alla necessità che vengano previamente determinati i criteri oggettivi di rimborso, a tutela e a garanzia dell’imparzialità, porta ed escludere la rimborsabilità delle spese che gli amministratori, attuali o passati, possono aver sostenuto per vicende giudiziarie già concluse, anche solo con riferimento allo stadio processuale definito, pur se non definitivo.

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