Fisco e contabilità

Rifiuti, il Comune non può far pagare di più i non residenti

È illegittimo il regolamento comunale sulla Tia che fissa tariffe più alte per le utenze domestiche dei non residenti rispetto a quelle previste per i soggetti residenti. Lo ha deciso il Consiglio di Stato con la sentenza n. 4223 , depositata ieri , annullando regolamento e delibera tariffaria Tia 2005 adottati da un Comune turistico della costa veneziana.
Si tratta peraltro di un principio estensibile alla Tari, considerata la sostanziale continuità del nuovo tributo con la «Tia 1» e l’applicazione dello stesso metodo normalizzato adottato con il Dpr 158/1999.

Il caso
La questione riguarda la decisione di un Comune di ripartire i costi del servizio rifiuti, per le utenze domestiche, tra soggetti residenti e non residenti, con l’aggravio sui secondi della maggior parte del costo del servizio. Il Consiglio di Stato, dopo una ricognizione sul quadro normativo del prelievo sui rifiuti (dal Testo unico sulla finanza locale del 1931 al Dlgs 152 del 2006), evidenzia che la «Tia 1» è una tassa finalizzata a consentire la copertura dei costi del servizio, non anche un’atipica forma di prelievo sul reddito o sul patrimonio. Da ciò consegue che i Comuni non possono determinare le tariffe in libertà, generando irragionevoli o immotivate disparità tra categorie di superfici tassabili potenzialmente omogenee, giustificandoli con argomenti estranei allo specifico contesto.

La decisione
La discrezionalità di cui si avvale l’ente nel determinare le tariffe ha natura tecnica, non “politica”, per cui la decisione si deve basare su una stima realistica della produzione di rifiuti in ragione delle caratteristiche proprie di quel territorio comunale e, se del caso, della sua vocazione turistica. In concreto l’ente deve rispettare, nell’esercizio della discrezionalità tecnica, il fondamentale principio di proporzionalità, anche in applicazione del principio comunitario «chi inquina paga», affermato in materia di Tarsu dalla Corte Ue nel 2009 e nel 2014.
Non è quindi rispettosa di questi principi la scelta di sottoporre a diversa tassazione le utenze abitative dei residenti da quelle dei non residenti, sottoponendo peraltro gli stagionali a un maggiore carico tributario, non rapportato alla capacità di produrre rifiuti e al servizio ricevuto. Si tratta di una scelta che, oltre a contraddire le finalità stesse del tributo, è anche irragionevole perché non considera che in una località turistica a vocazione balneare, dove è normale immaginare che i non residenti siano mediamente assenti per la maggior parte dell’anno, proprio questi siano chiamati a corrispondere un tributo maggiore rispetto ai soggetti residenti che invece producono più rifiuti.
In conclusione è illegittima, poiché irragionevole e in contrasto con il principio di proporzionalità, la decisione dell’ente di suddividere la categoria delle utenze domestiche in due sub-categorie, residenti e non residenti, facendo pagare una tassa più alta ai non residenti.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 4223/2017

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